Roma, taglia una ciocca di capelli a una studentessa iraniana: il caso

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Il professore di un istituto superiore del centro di Roma ha tagliato una ciocca di capelli ad una studentessa iraniana in quanto, secondo lui, viste le sue origini, la ragazza dovrebbe partecipare così alle lotte che stanno scuotendo l’Iran in questi giorni dopo l’uccisione di Mahsa Amini, la giovane 22enne della cui morte è accusata la ‘polizia morale’ del paese, che l’ha fermata perché non indossava correttamente il velo. La notizia è stata riportata dal quotidiano La Repubblica.

La morte di Mahsa Amini

La morte della ventiduenne curda Mahsa Amini, accusata, lo scorso 16 settembre, dalla polizia morale di Teheran di non indossare correttamente il velo, ha scosso il mondo intero. Un’ondata di proteste si è innalzata dalle strade dell’Iran per poi dilagare e rifrangersi in quelle della comunità internazionale. Dalla vicina Turchia, all’Europa, all’America la ribellione è forte, chiara, diretta. Non è fatta di parole, evita le barriere della lingua, sceglie piuttosto il linguaggio inequivocabile dei gesti. In questo caso il gesto è uno soltanto: quello di chiome recise. C’è chi ne amputa una piccola ciocca, chi invece, quasi con violenza, opera un taglio netto, feroce.

Il taglio dei capelli

Ma perché proprio i capelli? A spiegarlo è Bita Malakuti, poetessa iraniana, oggi ospite a SkyTg24: “Il taglio dei capelli è una vecchia cerimonia usata in Iran e in altri paesi limitrofi. Significa “lutto”: quando ci si trova di fronte a una grande tristezza o rabbia, allora ci si tagliano i capelli. È come ignorare il proprio senso estetico o la propria bellezza per far vedere che si è tristi. Adesso questo è diventato simbolico.” Un simbolo di rabbia; un urlo che invoca un cambiamento laddove le grida verbali sono soffocate dalla propaganda del regime. Un taglio che diventa metafora di quanto in Iran è da sempre reciso: parole, libertà, diritti.

In Occidente di solito le donne amano prendersi cura dei propri capelli. Un taglio è una coccola, un gesto di cura, benessere e affetto per il proprio corpo. Eppure, dal 16 settembre, qualcosa è cambiato. “Per la prima volta anche i Paesi occidentali stanno ascoltando le nostre voci” – prosegue Marakuti – “Quello che vorrei dire è non confondere quella del regime, che distorce le cose, con quella delle persone che scendono in piazza. Spesso non possono esprimerla, perciò ascoltatela e diffondetela: siate la nostra voce. Non posso prevedere il futuro, ma sono molto fiduciosa: questa rivolta è diversa dal passato, è qualcosa di grande e rappresenta un passo in avanti.

Anche Hadith Najafi – l’attivista simbolo delle proteste in Iran dopo l’uccisione di Mahsa Amini – è morta in Iran, a Karaj.

La morte di Hadith Najafi

“Sua sorella – scrive Alinejad – mi ha detto che è stata uccisa da 6 proiettili nella città di Karaj”. Sui social era diventato virale il video nel quale Hadith si legava i capelli prima di una manifestazione di protesta, senza usare il velo. 

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