E se qualcuno stesse sbagliando i conti?
Il dubbio, più che motivato, sorge gettando un occhio alla situazione della pandemia. Lo stesso sindaco di Milano Giuseppe Sala in collegamento con il data room di Milena Gabbanelli avanza, a nostro avviso, fondati dubbi sulla certezza che a maggio possano svolgersi le elezioni amministrative soprattutto nei grandi comuni come Milano, Napoli, Torino e Roma, che, guarda caso, oggi subiscono l’impatto più pesante della seconda ondata di Covid-19.
Dato per scontato che anche nella Capitale (dove l’estremismo criminale della estrema destra si diverte ad attaccare le forze dell’ordine – che ne dice Giorgia Meloni?- fomentando il disagio sociale di molte categorie di cittadini) dato, appunto, che anche alla città dei 7Colli si ponga lo stesso problema, qualcuno è partito un po fuori tempo, prima del colpo della pistola dello starter. Sicuramente i due auto candidati (nemmeno unti dal Signore) Virginia Raggi (reduce dai successi di pubblico e critica) e l’auto-candidato Carlo Calenda, già ministro con Renzi europarlamentare eletto con i voti del Pd, salvo poi farsi il suo partituccio come Renzi..
Perché in politica, come noto, ci vogliono i voti (e quelli si misurano nell’urna), ma ci vuole anche un po di tempismo, fiuto dell’attimo fuggente che magari si presenta all’ultimo momento, a pochi giorni ridosso del voto.
Se nella Raggi e in Calenda si manifesta un protagonismo adatto ad altri tempi meno calamitosi, le cose non vanno meglio nel Pd romano dove, sino a pochi giorni fa , in molti sgomitavano per le primarie.
Pressoché illustri sconosciuti al popolo ( non alle elites dei salottini) quali: la senatrice del Pd Monica Cirinnà moglie di Montino sindaco di Fiumicino, il presidente del III municipio e professore di urbanistica già assessore con Marino, Giovanni Caudo, Amedeo Chiacchieri minisindaco del municipio che fa capo alla Garbatella, tal giovane Tobia Zevi e il consigliere regionale Demos Paolo Ciani. Boh.
In questo contesto affollato, un certo Andrea Casu che dovrebbe essere il segretario cittadino del Pd, poco tempo fa ha radunato i dirigenti del suo partito, giungendo alla conclusone (ma nooooo!!!!) che di fronte a tale ressa di candidati erano necessarie le mitiche primarie.
Ovviamente dopo che Zingaretti (il quale dovrebbe governare la danza) aveva implorato il presidente del Parlamento Europeo Davide e Sassoli e, un po meno, l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta, di scendere in campo, beccandosi un njet. E chi se move p’annasse a scornà a Roma?
Siccome poi qualcuno ha fatto caso (non Casu) che stava avvitandosi una situazione piuttosto critica a causa del Covid, sarebbe maturata l’ideona di fare le primarie on line, cosa buona e giusta (un po come il voto per posta, ma lì siamo negli Usa e non a Torbella) se non fosse che un mucchio di anziani (buona parte dell’elettorato Pd) verrebbe esclusa per il cosiddetto digital divide. E poi alla gente piace andare ai gazebo tanto per passare pericolosamente il tempo in vista di un altro demì o totàl lock.
Ah ecco, dimenticavo, ammesso che i Democratici Romani siano in grado di mettere in piedi d’amblèe un sistema di voto elettronico con una piattaforma cui avrebbero dovuto pensare anni fa. Un po meglio magari di quella di Casaleggio che fa acqua da tutte le parti.
Forte di queste incertezze diffuse fra gli addetti ai lavori, irrompe il Calenda.Calenda si, Calenda no, sino a quando anche lui, bontà sua, decide di partecipare alle primarie a patto che i Grillini si levino dalla palle anche nell’eventuale ballottaggio, come se il Pd con i 5stelle non stesse faticosamente governando. Ma soprattutto come se LUI, Carlo, avesse la vittoria già in tasca.
Tutte queste furbesche manovre non contemplano, ovviamente, che il Covid vive e lotta insieme a noi per fare più contagiati possibile.
Verrebbe da ridere per la lungimiranza della cosiddetta classe dirigente del Pd romano, se dall’altra parte, a destra, non si scendesse ormai ai livelli di avanspettacolo (che alcuni vecchi assidui dell’Ambra Jovinelli ricorderanno) con l’auto-candidatura di Vittorio Sgarbi (che ornai si candida dappertutto) e dal conduttore di “non è l’Arena” Massimo Giletti, che non solo è un populista di destra sfrenato, ma è pure Piemontese.
Domando ai miei 25 lettori di manzoniana memoria: ci meritiamo tutto questo? Oppure dovremo subire che la campagna elettorale per Calenda la facciano Messaggero, Corriere della Sera e Repubblica ( si e no 150mila copie vendute a Roma tutti insieme)?
Come se che quel che resta del Pd e della sinistra , non solo ai Parioli o in Centro, ma oltre i Palazzi all’interno delle mura Aureliane, non abbia il coraggio di un fiatino per dire: “ci siamo, anche noi; guardate che con il Covid delle primarie non ce ne frega proprio niente,tanto meno on line, dateci un nome che sia credibile. Punto”.
In tempi di virus, dove ormai quelli del colera di García Márquez , stanno nella guerra di tutti contro tutti spesso per miserabili scopi, occorre riflettere sapendo che diturbolenti mesi innanzi ne avremo forse anche troppi.
Saggia quindi l’osservazione del sindaco Sala perchè non si antepongono gli interessi, non sempre nobili, della politica alla salute dei cittadini e alla capacità di governarla, “salvarla”.
Infine, niente mi leva dalla testa che la fretta di Zaia, Toti, De Luca ed Emiliano per andare alle Regionali, dai seggi affollati, una manina alla sviluppo del Covid l’abbia pure data data.
Giuliano Longo