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Oggi il Tempo riporta una notizia che richiama la vicenda di un appalto milionario di lavandolo ospedaliero, di cui ha già scritto diffusamente cinquequotidiano (5 marzo, l’8 aprile, il 19 giugno e il 2 agosto 2019).
Infatti, secondo l’articolo, gli operatori di quella Asl protestano perché dopo un paio di lavaggi le loro uniformi si restringono essendo confezionate con tessuti scadenti.
Nello specifico gli infermieri e gli operatori socio-sanitari della Roma 5 rilevano «molteplici criticità relative alla biancheria e divise con il nuovo appalto di lavanderia». A partire proprio dal materiale con cui sono realizzate le divise non idoneo. Si rompono e si restringono dopo un paio di lavaggi. Il tutto corredato da un foto servizio a dimostrazione di quanto affermato.
Peraltro, prosegue l’articolo «sia le divise che la biancheria sono di tessuto no-stiro, oltre che indecorose, e quindi risultano non idonee per i pazienti allettati che sostano a lungo su superfìci non lisce, aumentando il rischio di decubiti. Anche la dotazione della biancheria non è adeguata al fabbisogno reale dei vari reparti, al punto da restarne sprovvisti nei fìne settimana».
A questo punto riavvolgiamo il nastro e ricordiamo che la gara per il lavandolo fu bandita dalla Regione Lazio il 28 dicembre del 2016 per 8 lotti, con un valore complessivo di 133 milioni di euro di base d’asta per 5 anni. Nel settembre 2018 vengono aggiudicati tre lotti ad Adapta SpA di Pomezia; tre al raggruppamento Servizi Sanitari Integrati con Lavanderia d’Alessio di Caserta e due lotti minori all’azienda Pacifico di Salerno.
Dopo di che, nonostante i consueti ricorsi dei concorrenti esclusi, la Regione, da giugno 2019 preme sugli enti destinatari per la rapida attuazione del bando il che crea qualche problema. Infatti il 9 agosto dello scorso anno risultavano strutture sanitarie improvvisamente colte dall’urgenza dell’attivazione come il S. Andrea e la ASL di Viterbo.
Sarà stato per il periodo estivo, o per i forti ribassi, resta il fatto che gli operatori già lamentavano che gli articoli forniti apparivano in parte diversi da quelli richiesti in gara o presentati in sede di offerta, sia per le quantità in consegna che per qualità. Ad esempio al S. Andrea si era concretizzato il timore di una qualità diversa delle lenzuola, infatti su tutti i letti campeggiavano quelle “di plastica”, o meglio in policotone no stiro (una fibra mista cotone e poliestere) che semplifica la vita a chi la lava, ma molto meno a chi ci deve stare sopra ore ed ore immobile, senza contare alcuni aspetti igienici oltre che di comfort. Mentre va ricordato che il bando prevede lenzuola in cotone 100%. Anche i materassi sembravano diversi da quelli presentati in gara.
All’Asl di Viterbo, invece, il problema appariva diverso poiché alcune strutture sanitarie si tenevano ben stretta la biancheria che c’era, di proprietà della società che gestiva precedentemente l’appalto (la SoGeSi di Perugia) visto che le consegne di quella nuova stentavano a completarsi.
Casi come questi e altri potevano anche riferirsi a ritardi nell’applicazione del bando, ma la notizia che oggi riportiamo della Asl Roma 5 conferma, ad esempio, i dubbi avanzati sulla qualità dei materiali utilizzati dalle aziende fornitrici come era stato già segnalato un anno fa. D’altra parte con ribassi monstre (sino al 49%) su base d’asta, da qualche parte bisogna pur risparmiare ma le magagne, prima o poi, saltano fuori.
Giuliano Longo