Una “agguerrita e organizzata plurisoggettivita’, che delinque con metodo mafioso”. Cosi’ la Cassazione definisce il clan Spada in una sentenza depositata oggi, con la quale la seconda sezione penale spiega perche’, il 30 gennaio scorso, confermo’ la condanna di Carmine Spada per l’estorsione – aggravata dal metodo mafioso – a un gestore di una ricevitoria ad Ostia.
Secondo i giudici di piazza Cavour, e’ corretta la contestazione di tale aggravante perche’ “la persona offesa ha dato conto proprio del timore ingenerato” da parole e dall’intervento di Spada “avendo avuto la percezione esatta del pericolo di trovarsi a fronteggiare una agguerrita ed organizzata plurisoggettivita’ che delinque con metodo mafioso, piuttosto che con un singolo sprovveduto criminale”.
Nella sentenza si ricorda inoltre come il comportamento di Spada, in quella occasione, fu “platealmente violento e sprezzante”: l’imputato, rileva la Corte, “ricorreva ad un’azione dimostrativa della propria capacita’ criminale, schiaffeggiando la persona offesa per strada in modo da rimarcare la propria supremazia in quel territorio”. Infine, la Cassazione osserva che “dalla sentenza di primo grado emerge che il gruppo Spada all’epoca dei fatti era noto alle forze dell’ordine operanti sul territorio di Ostia e ai mezzi di stampa poiche’ i suoi esponenti avevano imposto con violenza e minaccia il proprio controllo su alcune attivita’ economiche e, in occasione di alcuni gravi delitti, era emerso l’atteggiamento omertoso da parte dei testi”.