“Il Berretto a sonagli”, Gianfranco Jannuzzo protagonista al Teatro Ghione per lo spettacolo diretto ed adattato da Francesco Bellomo

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Il Berretto a sonagliè da sempre una delle opere più frequentate di Pirandello, quindi sembrerebbe difficile ipotizzare una lettura, che per quanto originale, possa presentare delle novità. L’adattamento di Francesco Bellomo e Moreno Burattini, con protagonista d’eccezione Gianfranco Jannuzzo, colorato di sicilianità, ma senza forzature o esagerazioni, invece rivisita il testo del drammaturgo agrigentino attingendo dalle novelle ‘’la verità’’ e ‘’certi obblighi’’ da cui trae spunto, conferendo allo sviluppo ed alla comprensione della vicenda nuovi spunti ed una più ariosa dinamica narrativa. La figura di Ciampa riesce a conservare il rispetto del mondo: la sua filosofia, pur lasciando trasparire l’ironia e la ribellione sua verso l’ipocrisia della piccola società provinciale in cui vive, da povero scrivano, ha un sapore artificiale. La maschera, improvvisamente nuda, aderisce al contenuto del personaggio fatto, quale s’è costruito il proprio mondo personale entro i limiti angusti d’un compromesso vergognoso di cui ha, però, fissato le regole e intende siano rispettate. Ma Ciampa non difende soltanto la propria reputazione di marito, egli non vuole rinunziare agli avanzi della povera felicità coniugale, che gli toccano, dovendo spartire la moglie col padrone. A tanto arriva l’umanità di Ciampa, a tenere saldo, il pezzetto di vita, violato, insozzato, che ancora gli resta, a conservarlo segreto, nascosto agli occhi impietosi della gente…)

La regia di Francesco Bellomo conduce con mano felice lo spettacolo, con ritmi vicini al taglio cinematografico, con uso sapiente dello spazio scenico sobrio ed elegante, con umanità che nulla concede al pittoresco facile. Il Ciampa, proposto magistralmente da Gianfranco Jannuzzo, è il distillato della contaminatio pirandelliana e si muove con pacatezza e lucidita’ nell’arco dei sentimenti di dolore, furore, pieta’ ed ironia che permeano il suo essere ora uomo, ora pupo, ora personaggio. L’attore appare giustissimo, non si perde una sfumatura, e, soprattutto, non dimentica di caricare di giusta energia la sua interpretazione. Brava, Emanuela Muni, totalmente a suo agio, nel ruolo di Beatrice che rappresenta con eleganza e forte struggimento. Anna Malvica, vera regina del palcoscenico è la signora Assunta: un concentrato di dirompente forza interpretativa, capace di esaltare le corde della comicità pirandelliana. Gaetano Aronica, restituisce al personaggio di Fifi, carisma e dignità. La sua interpretazione, è ricca di variegate tonalità, di una terragna sicilianità mista ad un eclettica sfacciataggine. Franco Mirabella, si diverte con una serie di invenzioni esilaranti, da attore consumato a ritrarre una indimenticabile figura di commissario, in bilico fra il rigore del mestiere e le “debolezze” della vita. Tutti giusti nel ruolo, gli altri personaggi. Caterina Milicchio è una convincente Nina, la moglie di Ciampa, voluttuosa figura, oggetto del desiderio che corrisponde perfettamente alla descrizione fatta ad inizio atto dal personaggio (nuovo) della fantasia, una austera ed incisiva Delia Merea. Innovativo il personaggio della Saracena a cui dà vita un istrionica e maliarda Carmen di Marzo, basandosi sui canoni e sui caratteri del dramma popolare. Alessandra Ferrara, tratteggia il ruolo di Fana, in questa edizione di matrice Brancatiana, con passionale visceralità e variegata capacità interpretativa. La sua presenza scenica, ci ha ricordato a tratti la Maria Grazia Cucinotta agli esordi, a testimonianza che talvolta anche la bellezza può andare di pari passo alla bravura. Una bella lettura convincente e penetrante che rende attuale il testo, insinuando i valori attuali di certa morbosità, come velati incesti o rapporti ambigui. Alla fine tanti e duraturi applausi. Uno spettacolo da non perdere. Al teatro Ghione di Roma fino all’11 novembre.

Gino Sansone

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