Accuse di spionaggio politico per l’ingegnere-manager Giulio Occhionero, in carcere dal 9 gennaio scorso, e la sorella Francesca Maria. I due sono sotto processo a Roma perché avrebbero ordito un’attività di cybercrime spiando la posta elettronica riconducibile a siti istituzionali e personaggi della pubblica amministrazione con 1900 le vittime identificate.
Oggi in aula il pm Eugenio Albamonte ha reso noto di aver avviato un procedimento stralcio, ipotizzando il reato di spionaggio politico in base all’articolo 256 del codice penale, che punisce fino a 10 anni chi procaccia notizie concernenti la sicurezza dello Stato.
La nuova accusa che aggrava la posizione dei due fratelli è frutto di una informativa redatta dagli specialisti della Polizia Postale che, grazie alla collaborazione fornita dall’Fbi, sono riusciti a sbloccare i server utilizzati negli Usa dai due fratelli ricostruendo l’intera rete creata su almeno 9 computer riconducibili agli Occhionero.
Secondo gli inquirenti sarebbero 3,6 milioni i messaggi di posta elettronica carpiti a partire dal 2004 e almeno 6149 gli utenti che possono essere stati vittime di spionaggio.
L’ingegnere nucleare di 45 anni, Giulio Occhionero, e la sorella Francesca Maria, 49 anni, erano conosciuti nel mondo dell’alta finanza capitolina, in particolare Giulio risultava legato “con gli ambienti della massoneria italiana, in quanto membro della loggia ‘Paolo Ungari – Nicola Ricciotti Pensiero e Azione’ di Roma, della quale in passato ha ricoperto il ruolo di maestro venerabile, parte delle logge di Grande Oriente d’Italia”.
Gli indizi raccolti in altre inchieste – secondo quanto scriveva il gip nell’ordinanza di custodia cautelare – lasciano intendere che la vicenda di spionaggio di cyberspionaggio “non sia stata un’isolata iniziativa dei due fratelli ma che, al contrario, si collochi in un più ampio contesto dove più soggetti operano nel settore della politica e della finanza secondo le modalità” adottate da Giulio e Francesca Maria.
Il riferimento, proseguiva l’ordinanza riguarda “il diretto collegamento” tra le condotte di cui i due sono accusati “e interessi illeciti oscuri”: un collegamento “desumibile dal rinvenimento, nel corso delle indagini, di quattro caselle di posta elettronica già utilizzate per attività similari, secondo quanto emerso dalle indagini relative alla cosiddetta P4”.
In febbraio il legali dei due fratelli presentarono un esposto alla Procura di Perugia contro il presidente dell’Anm e pm della Procura di Roma Eugenio Albamonte per falso ed abuso d’ufficio chiedendo che il magistrato non rappresentasse l’accusa al processo.
La richiesta fu respinta dal Procuratore capo, Giuseppe Pignatone, secondo il quale “non può confondersi l’inimicizia fra magistrato e parte con le iniziative di quest’ultima, tesa a sottrarsi al proprio giudice naturale; l’inimicizia deve trovare fondamento in rapporti personali svolti in precedenza e fuori del processo”.
A parere di Pignatone, dall’istruttoria risultava invece che l’imputato Giulio Occhionero “nel corso delle indagini a suo carico e prima di avere accesso agli atti del procedimento, aveva già manifestato l’intenzione di presentare un esposto contro Albamonte alla Procura di Perugia”, come emergeva da una conversazione intercettata il 18 novembre del 2016.
Se i reati contestati sono stati già definiti dall’accusa, ma restano oscuri gli eventuali mandanti di una complessa operazione di cyberspionaggio che presenta ancora numerosi lati oscuri.
Giuliano Longo