“Stasera si mangia quello che c’è”!

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Accade, talvolta, di non ascoltare queste parole da una mamma armata di mestolo, ma di leggerle impresse su una vetrina, mentre si passeggia a Roma, in zona Appio Latino.

Quellocheccè si autodefinisce un’enosteria, un nome stuzzicante che evoca un’iconografia ben delineata: gambe sotto il tavolo, con un buon piatto tra le mani e un calice di vino pronto ad accompagnarlo.

E’ ancora presto e il ristorante è vuoto, ma ispirato dalla vetrina e dalla quiete della zona esterna, decido di entrare. Gli spazi non sono molto ampi, ma l’arredamento total white scelto, rende il locale tutt’altro che soffocante, anche grazie alle porte perimetrali scorrevoli.

Mi accoglie Alberto, il responsabile di sala, con cui scambio piacevolmente due chiacchiere e di cui apprezzo la pazienza, nel rispondere alle mie incalzanti domande da gastro impiccione cronico.

Il nome scelto la dice lunga sulla tipologia del ristorante in cui sono appena entrato. Alberto mi spiega che le dimensioni della cucina non permettono di ospitare frigoriferi e pozzetti, quindi, ogni mattina viene fatta la spesa e ogni sera, quindi, il menù cambia in funzione degli acquisti fatti: si mangia, appunto, quello che c’è.

Durante la chiacchierata, ci raggiunge anche lo Chef Moreno, il front man della brigata di cucina…anzi no, il solo e unico componente.  Mancano ancora 15 minuti alle 20.00 e l’orario agevola la chiacchierata per ancora qualche minuto.

Mi spiegano che il menù cambia giornalmente, in base alla spesa effettuata il giorno stesso e indicandomi la lavagna appesa al muro, mi illustrano i piatti del giorno. La cucina è prevalentemente di pesce e dal tipo di proposte che leggo, intuisco che Moreno tocca poco la materia prima, prediligendo il sapore autentico.

I tempi stano inesorabilmente diventando stretti e capendo che è giunta l’ora che io mi metta da parte, dico ad Alberto con cosa vorrei cenare. Come antipasto scelgo un calamaro scottato con zucchine e filatura di melograno e come primo piatto, un tonnarello con astice e friggitelli. Visto che a pranzo mi sono dovuto accontentare di un tramezzino, ordino subito anche il secondo: la mia scelta cade su un filetto di ricciola arrosto su crema di limone. La carta dei vini, tradizionalmente su carta, è di livello ed adatta a tutte le tasche. Il caso vuole, per fortuna, che IO trovI anche un vino sardo che adoro: IS Argiolas, un ottimo vermentino delle cantine Argiolas.

Superfluo perdersi in voli pindarici e acrobazie verbali, non servono. I piatti hanno pienamente soddisfatto le mie aspettative. La materia prima è integra, i sapori sono delicati, ma avvolgenti e gli accostamenti sono puntuali. La scoperta dei friggitelli in un tonnarello all’astice, inoltre, devo dire che ha coinciso con il proposito di tornare al più presto.

Nel frattempo, purtroppo, sono arrivate le 21.30 e io devo quasi scappare e il locale, si è quasi riempito. La modesta metratura, però, ora si fa sentire: la temperatura si è alzata e le ottobrate romane, si sa, son calde. Probabilmente mi sarei dovuto sedere all’esterno o, magari, avrei dovuto provare a chiedere di accendere il condizionatore.

Non so come, nonostante anche il caldo, ma trovo comunque la forza (e lo spazio) per assaggiare un dolce. Ordino il piatto che stanno mangiando al tavolo sulla mia destra, un cestino fondente con crema e torta cinese ai mirtilli. Sono questi momenti che foraggiano la mia autostima: “c’è sempre spazio per quel qualcosa in più”.

In qualche modo mi alzo dal tavolo e chiedo di servirmi un passito o un muffato con il conto. Mi portano un muffato, ma purtroppo, caldo. Peccato veniale e perdonabile, visto che alle mie rimostranze, Alberto me ne porta immediatamente uno ghiacciato.

Anche il fattore clima viene subito dimenticato, dato che mentre procedo con l’obolo (56 euro, con due calici di vino e muffato offerto), Alberto mi chiede se voglio assaggiare dei tozzetti o una fettina di crostata.

 

Saluto, ringrazio e lascio una meritatissima mancia al ragazzo che aiuta Alberto in sala.

Sicuramente tornerò presto, per un semplicissimo motivo: ho mangiato davvero bene. La prossima volta, per la gioia di bilancia e portafoglio, mi conterrò un pochino di più.

Consigliato? Sicuramente, ma vi consiglio di prenotare…ammesso non ceniate con le galline, come ho fatto io.

Andrea Pantagruel

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