L’8 marzo della Raggi con tre assessori dimessi e uno retrocesso in 8 mesi

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Campidoglio, aula Giulio Cesare, inno di Mameli e standing ovation, debuttava così il 7 luglio dell’anno scorso Virginia Raggi. Lacrime, abbracci, emozione fra tanti supporter e parenti. In streaming, come vuole la migliore delle consuetudini grilline, partiva la presentazione della squadra per l’era Raggi: Daniele Frongia vicesindaco oltre che assessore alla Qualità della vita, all’accessibilità, allo sport e alle politiche giovanili; Marcello Minenna, docente di Finanza matematica assessore al Bilancio; Paola Muraro, presidente dell’associazione Tecnici Italiani per l’Ambiente assessore alla sostenibilità ambientale; Linda Meleo, la giovane ricercatrice della Luiss ai trasporti, assessorato rinominato alla Città in Movimento; Laura Baldassarre ai Diritti alla persona, alla scuola e alle comunità solidali; Adriano Meloni, il super manager, allo Sviluppo economico, al turismo e al lavoro; Paolo Berdini, urbanista all’Urbanistica e alle infrastrutture; Luca Bergamo alla Crescita culturale; infine assessore alla Roma semplice Flavia Marzano. «Nessuno di loro è un politico – dichiarò trionfante Virginia – ma sono tutti cittadini che hanno deciso di mettere la loro competenza al servizio di questa bellissima città e di noi tutti», ovviamente non gratis.

Detto fatto, ai primi di settembre si dimettevano Minenna e la capo di gabinetto, la magistrata Carla Raineri non ancora sostituita per quell’incarico. Seguivano a ruota le dimissioni del dg Atac Marco Rettighieri e dell’amministratore unico Armando Brandolese e subito dopo quelle del neo presidente di Ama Alessandro Solidoro, nominato solo qualche settimana prima.

Scoppia il caso dei 4 amici al bar con l’arresto di Raffaele Marra e il 17 dicembre il fedelissimo Frongia viene rimosso dall’incarico di vicesindaco mantenendo l’assessorato allo sport e si dimette anche Salvatore Romeo (quello delle polizze vita omaggio) segretario della sindaca. Al posto di Frongia va Bergamo. Ma quattro giorni prima si era dimessa anche l’assessora all’ambiente Paola Muraro, da tempo sotto il tiro dei media, indagata dalla Procura della Repubblica per vicende legate alla sua decennale consulenza in Ama sostituita pochi giorni dopo da Pinuccia Montanari. Infine sul pasticcio dello stadio della Roma il 14 febbraio si dimette anche l’assessore Berdini (peraltro reo di dichiarazioni irriguardose a un cronista de La Stampa nei confronti della sindaca) sostituito giusto ieri dall’urbanista Luca Montuori già nello staff di Bergamo.

In sei mesi è successa l’ira di Dio fra il clamore dei media che la Raggi non amano proprio. Forte del sostegno di Grillo e dell’azzimato quanto incolto Di Maio, Virginia ha potuto tuttavia procedere sulla sua strada anche con qualche lacrima nella convinzione di rappresentare ancora la maggioranza dei romani che l’hanno votata in dispregio della precedente classe politica. Ma è davvero così? Secondo il sondaggio condotto da Scenari Politici per l’Huffington Post agli inizi di febbraio i 35,3 punti percentuali raccolti dalla sindaca al primo turno del 5 giugno 2016 si fermerebbero oggi ad un più modesto 22,3% di consensi, ovvero 4 elettori su 10 di quelli che hanno votato M5s non confermerebbero la propria scelta. Per di più nella classifica dei sindaci redatta dal Sole 24 Ore a metà gennaio, Viginia risulta penultima nel gradimento dei cittadini, contrariamente alla prima cittadina di Torino Chiara Appendino eletta con i Cinque Stelle, che risulta fra le più amate. Classifiche e sondaggi possono valer poco anche se non gratificarono certo Ignazio Marino dopo un anno del suo mandato.

Con la squadra quasi al completo la Raggi ha poco più di quattro anni per risollevare le sue sorti, in una situazione, qual è quella romana, che è poco dire complessa, ma alla prova dei fatti non bastano le comparsate su FB per recuperare un consenso. Certo se la Raggi piange gli altri partiti, in primis il Pd, non ridono, ma di qui a dire che i grillini siano in grado di esprimere una nuova ed efficiente classe dirigente e di governo ce ne passa. Soprattutto qui nella Capitale dove una turba piuttosto rissosa di grillini, più o meno d’antan, preme per avere il suo spicchio di potere anche nei Municipi. Non saranno famelici come quelli di destra che arrivarono al potere con Alemanno e nemmeno coinvolti nelle vicende di mafia capitale come è successo a qualcuno del Pd, ma anche loro, i grillini, tengono famiglia e un posto al sole lo vogliono. Buon 8 marzo, Virginia.
Giuliano Longo

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