Elezioni Roma, il grande circo delle promesse e la pletora dei candidati

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Cetto La Qualunque, il fantastico e grottesco personaggio del film che ha reso mitico il trasformismo e la volgarità della classe politica italiana, potrebbe benissimo impersonare un candidato emergente alle elezioni comunali di Roma. Così mentre a destra Bertolaso offre il petto alla sua fucilazione in favore della Meloni, basta che glielo dice Berlusconi, Irene Pivetti, personaggio dimenticato della seconda repubblica, diventa “capa” della lista di Giorgia grazie al compatto sostegno dei residenti cinesi il cui numero a Roma è ancora tutto da stimare. Alfio Marchini, ormai alle corde, proclama che lui è l’unico ad avere un programma di governo, ma intanto è grasso che cola se arriva al 7% almeno a stare ai sondaggi. Siccome Alfio non è uno sprovveduto avrà sicuramente i suoi di sondaggi più favorevoli anche se la sua intenzione è provare e riprovare fino a quando, prima o poi, a Roma la spunterà. Giovane e in buona salute tempo ne ha.

BERTOLASO POTREBBE MOLLARE

In compenso Salvini che a Roma non conta un cxxxo (elettoralmente parlando anche se ci ha provato) fa e disfa nell’orto della destra alla rincorsa di un sogno Lepenista che più della metà degli elettori di Forza Italia non vuole. Che Bertolaso molli in favore di Giorgia può anche essere, che lo faccia Marchini ne siamo poco convinti, perché l’imprenditore che cerca di pescare i voti a destra è convinto che le tradizionali categorie politiche destra e sinistra sono ormai sepolte. E come il sol dell’avvenir sta sorgendo il “Marchinismo”, malattia insorgente del destrismo (del fare). Rebus sic stantibus, Giorgia che fascista non è mai stata (anzi pare voglia iscriversi all’Anpi) rischia di non arrivare nemmeno al ballottaggio perché fra lei e la Raggi del movimento 5stelle c’è un divario di almeno 10 punti.  Che a recuperarli non ce la potrebbe fare nemmeno Giachetti stimato almeno a solo meno sette.

NEL CENTRO SINISTRA TUTTO SISTEMATO?

Mentre Berlusconi recalcitra, Salvini fa il duro e la Meloni tenta di mediare, a sinistra è tutto chiaro salvo la spaccatura con Fassina che con le ultime disavventure del Governo Renzi su trivelle e lobbies, rischia di rosicchiare qualche voto al Pd. In verità non è molto per affermare il nuovo laburismo italiano alla Sanders, ma quanto basta per affossare l’ex alleato Pd. Poco male, perché nel frattempo il partito viene sfrattato dal commissario Tronca dalla storica sezione Campo Marzio in via dei Giubbonari. In fondo fu lo stesso Orfini, nell’ansia  di ridisegnare un Pd a sua immagine e somiglianza con tutti gli inconvenienti del caso, a dire che tutti i circoli, o almeno quei pochi che resterebbero dopo la sua epurazione, dovrebbero pagare i fitti.

LISTE DEI CANDIDATI

Poco male perché i Democratici, o meglio i loro vertici romani, hanno altro a cui pensare. Ad esempio alla laboriosa stesura delle liste dei candidati che, se si va a votare il 5 giugno, debbono essere pronte 30 giorni prima. Per quanto riguarda il Comune i dubbi sono sciolti e confermano la quasi certezza del Pd di perdere alle Elezioni. Infatti dal bilancino delle trattative escono fuori consiglieri a coppie uomo e donna: due orfiniani, due franceschiniani cattodem, due zingarettiani. Giusto 6 se si perde alla grande, che se si vince invece c’è spazio per almeno almeno il doppio.

LE DIMISSIONI DI ENZO FOSCHI

Ovviamente i nomi sono già usciti sulla informatissima Repubblica che ogni tanto toppa e magari fa finta di non sapere che il balletto dei nomi è spesso pretattica, ballon d’essai e altri trucchi del mestiere. Poi ci sono le liste per i municipi dove le cadreghe non mancano per minisindaci e consiglieri. Nel fervere delle trattative rigorosamente off limits, l’unica nota chiara è stata quella suonata da Enzo Foschi che rinuncia a candidarsi alla Garbatella per una storia di tre anni fa sui rimborsi spese al gruppo del Pd regionale. Chapèau! Che se altri dovessero seguire il suo esempio in parlamento risulterebbero parecchie poltrone vuote.

LE PROMESSE ALLA CAPITALE INDEBITATA

Poi ci sono le promesse mirabolanti per una città con 12 miliardi di debiti arretrati. Qui la Raggi emerge con grande faccia tosta, semplificando i problemi come amministrare atti e udienze in tribunale.  Non basta, perché c’è chi vuole rendere balneabile il Tevere, chi vuol prendere Totti in giunta, chi caccerà i migranti e rom, chi chiuderà le buche in un baleno, chi farà lo stadio della Roma, chi darà le case ai bisognosi e chi non sa più che cxxxo promettere pur di rimbambire l’elettorato.
Ecco perché in questa sconfortante competizione delle nullità ci vorrebbe una personalità vera, originale e forte. Cetto La Qualunqe appunto, almeno ci farebbe ridere.

Giuliano Longo

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