Elezioni, Marchini potrebbe tornare in campo e Giachetti se la vede con il Pd

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Una Pasqua preoccupata questa che ci apprestiamo a celebrare a Roma fra misure di sicurezza davvero imponenti per proteggere i riti della resurrezione. Ma anche una pausa per questa campagna elettorale che non pare suscitare grandi entusiasmi di popolo, quasi l’esito finale fosse già scontato. Il cosiddetto trend d’opinione viene confermato dal sondaggio, riportato in pagina, e che Giorgia Meloni ha pubblicato sulla sua pagina Facebook. Eppure nella destra divisa in più tronconi, Meloni, Bertolaso, Marchini e Storace, qualcosa pare si stia muovendo. Oggi infatti Libero, fra i pochi quotidiani in edicola nonostante lo sciopero, pubblica una dichiarazione dell’ex capo della protezione civile che potrebbe schiudere nuovi scenari. Guido Bertolaso apre infatti alla possibilità di ritirarsi dalla competizione se «nel corso delle settimane si dimostrasse l’impossibilità di arrivare al ballottaggio». In tal caso sarebbe anche disponibile a convergere sull’imprenditore Alfio Marchini, «l’unico candidato che mi somiglia», visto che anche lui è un «uomo del fare», sempre «al di fuori delle logiche della politica e dei partiti». Sin qui il quotidiano diretto da Belpietro di solito ben informato sui retroscena del centro destra. A ben vedere Marchini era stata la prima scelta dell’ex Cavaliere, fieramente osteggiata dal mentore della Meloni, l’on Fabio Rampelli. Di qui la convergenza su Bertolaso sino al “tradimento” di Salvini che si è sfilato dalla decisione unanimemente condivisa dai tre leader del centro destra il giorno prima. Berlusconi l’ha presa molto male vedendo nella mossa romana, e non solo, il chiaro tentativo di mettere in discussione la sua leadership. Così di Bertolaso ha fatto la sua bandiera promettendo di scendere direttamente in campo nella Capitale anche con la forza del suo impero mediatico (e dei suoi soldi). Una minaccia che lascia indifferente Salvini, ma preoccupa fortemente Giorgia la quale sino a qualche giorno fa ha tentato senza esito un rapprochement con l’irremovibile Silvio. D’altra parte i numeri parlano chiaro perché il terzo posto di Giorgia nei sondaggi, verrebbe seriamente insidiato da una convergenza Bertolaso/Marchini. Se poi dovessi io intervenire nella campagna elettorale per il Campidoglio, ragiona il Cavaliere, potrei anche ribaltare la situazione e arrivare al ballottaggio. Una minaccia in più anche per il candidato del Pd Roberto Giachetti che già si vede insidiato a sinistra da quel 6/7% accreditato a Fassina (Sel/ Sinistra Italiana). Ieri Roberto ha riunito gli eletti del suo partito all’ex Dogana di San Lorenzo facendo sapere che i candidati alle liste che lo sosterranno dovranno presentare il certificato dei carichi pendenti e sottoscrivere un codice di onore. Mentre per la composizione della Giunta ha spiegato che «la squadra e il programma verranno presentati 15 giorni prima del primo turno» e la sua Giunta «non sarà oggetto di contrattazione e non ci saranno consiglieri comunali». Quindi tutti pancia a terra e uniti verso il voto. Eppure le recenti primarie del Pd qualche coda velenosa l’hanno lasciata, tanto che dopo le recenti dichiarazione di Morassut (il candidato sconfitto alle primarie) Giachetti si è sentito in dovere di ammonirlo. «Io ho un grandissimo rispetto del 30% che ti ha votato alle primarie, molte di queste persone stanno già collaborando con noi. Chiedo che sia rispettato anche quel 70% che ha votato me». Già, vae victis quindi, solo che anche quel 70% è notevolmente variegato fra correnti e gruppi, di cui Giachetti fa parte. Basta elencare sommariamente chi l’ha sostenuto alla primarie: un pezzo della ex corrente bersaniana di Marroni, i franceschiniani, gli zingarettiani oltre che i turborenziani che però di voti ne portano pochini. Terrà conto Giachetti del peso di queste singole componenti o gli basterà che il certificato penale dei candidati sia immacolato?

Giuliano Longo

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