Ormai il sindaco di Roma lo può fare chiunque sia entrato in politica in un modo o nell’altro. È sufficiente che di questa città il candidato ideale conosca poco o nulla e le probabilità aumentano. Non paghi dell’esperienza del marziano Marino che non si è salvato nemmeno avvolgendosi della bandiera della procura dopo (e sottolineo dopo) gli arresti del dicembre dello scorso anno, che sbarca fra i favoriti del Pd Roberto Giachetti. Il quale ha molti meriti come Radicale in difesa dei diritti e della trasparenza in politica.
ROBERTO GIACHETTI
Vanta anche una bella esperienza con Rutelli ma in tempi preistorici quando Roma era un’altra cosa. È uno che ha digiunato 195 giorni contro il Porcellum (legge elettorale bocciata dalla Consulta) ma ha abbozzato con solerte partecipazione alla legge elettorale di Renzi che in fatto di premio di maggioranza peggiora la porcata che fu di Calderoli. Certo, nel Pd questa volta ci sono ancora le primarie, ma Giachetti parte favorito dall’endorsement di Renzi. E siccome il cavallo beve dove dice il padrone, c’è da scommettere che le vecchie cordate clientelari (che il commissario Orfini ha lasciato vivere e campare) si daranno un gran da fare per farlo vincere su Morassut.
ROBERTO MORASSUT
Quest’ultimo Roma la conosce bene. È stato assessore all’urbanistica con Veltroni e ha suggellato il piano regolatore del 2008 successivamente devastato dalle varie deroghe. Sulle periferie ci ha scritto pure dei libri. Ma lui, che si sbraccia a proclamare la sua fedeltà a Renzi, viene considerato un retaggio del passato e siccome ormai va di moda rottamare, è probabile che lo faranno fuori senza rimetterci nulla perché, come Giachetti, conserva il suo seggio parlamentare.
STEFANO FASSINA
Per Sel/Sinistra Italiana c’è l’on. Stefano Fassina che saprà tutto su Keynes e la macroeconomia (per di più con un master negli USA) ma di Roma conosce pochino, pur essendo passato alle parlamentarie (primarie) con 11.000 voti a favore. Diciamo che sarebbe culturalmente in condizione di farsi le ossa, ma siccome non vincerà mai tanto vale fare la fronda al Pd da sinistra.
GUIDO BERTOLASO
Passiamo sull’altra sponda. A destra, per ora, ci sono Bertolaso e Marchini. Il primo considera Roma una città terremotata e si propone di usare metodi da protezione civile con una certa apertura al sociale che gli è valsa subito l’appellativo di cripto comunista da parte di Salvini. Un Salvini che la sua occasione di contare su Roma se l’è già bella che giocata puntando su Marchini a dispetto di tutta la ex fascisteria romana. Anche Bertolaso pare parli più per sentito dire che per conoscenza reale della crisi di sistema di questa città. Al punto che il prefetto Gabrielli risulta quello che ne ha capito di più, mentre sul commissario Tronca rimangono dei dubbi diffusi.
ALFIO MARCHINI
Poi c’è Alfio. Qualche lancia a suo favore va pure spezzata perché nel suo programma elettorale del 2013 idee ce n’erano, ma nonostante le sue connections con il “generone” romano e il mondo della finanza, la sua posizione è debole politicamente. Con quel suo far finta di non essere né di destra né di sinistra ora si è messo a cavalcare l’eterna vicenda degli zingari per far vedere che lui è tutto “law&order”. Uscita che non gli basterà a farsi etichettare come “destro” doc, nonostante il sostegno di Giorgia Meloni.
VIRGINIA RAGGI
Infine, oltre a qualche frattaglia di estemporanei candidati, c’è per il Movimento 5stelle l’avvocata Virginia Raggi. Telegenica, bella presenza non pare che con i suoi tre anni di consiliatura abbia maturato chissà quale esperienza di cose romane. Anche perché i quattro consiglieri grillini per un certo periodo hanno pure inciuciato con Marino garantendogli una opposizione morbida. Sul suo curriculum risultano una esperienza nel Comitato di Quartiere Ottavia e Lucchina oltre ad essere entrata (parole sue) «con Andrea (il marito, ndr) nel fantastico mondo dei G.A.S. (Gruppi di Acquisto Solidale)». Iscritta in gioventù ai Children International Summer Villages è partita (sempre parole sue) «per luoghi più o meno lontani facendo scambi con bambini e ragazzi di altre nazioni ed andando in villaggi multietnici, multiculturali e, soprattutto, multi-sorrisi…». Oggi si occupa professionalmente di diritto d’autore, di proprietà intellettuale e nuove tecnologie. Entrata nei 5stelle nel 2011 si è impegnata, prima di diventare consigliera, con il gruppo grillino dell’ex XIX Municipio nel “fare banchetti dovunque vi fosse un marciapiede sufficientemente largo”. Lavora allo studio Sammarco e non si merita la stronzata (di basso livello) sul fatto che il suo studio abbia lavorato o lavori con quello di Previti condannato per cose berlusconiane.
LE INVESTITURE DALL’ALTO PER QUESTE ELEZIONI COMUNALI
A Roma stanno volando stracci e se va avanti così molti ne voleranno ancora. Marchini viene già additato per operazioni finanziarie al Nord e all’estero (da lui smentite) ma anticipate (guarda caso) dall’on. Fabio Rampelli dei “Fratelli” della Meloni. Con Marino, presunto candidato, che rischia due processi, uno per gli scontrini ciucchi delle sue raffinate cene, l’altro per irregolarità di una sua onlus. Certo governare Roma oggi risulta pressoché impossibile, quindi qualsiasi nome può pure andar bene. Resta da vedere se questi nomi andranno bene ai romani, molti dei quali sono già avvelenati con la politica per gli scandali a ripetizione e poco convinti della purezza giacobina dei 5stelle. Roma meritava di più che non la solita investitura dei capataz della politica nazionale. Giachetti da parte di Renzi, Bertolaso di Berlusconi e Meloni, la Raggi del rampante Di Battista, Marchini oggi di Salvini domani chissà e Fassina investitosi di suo anche perché mezza Sel voleva rifare l’esperienza della coalizione con il Pd. Vien quasi da piangere ricordando i Petroselli, i Rutelli i Veltroni che con tutte le loro pecche un segno sulla storia città eterna l’hanno pure lasciato. Oggi la partita si gioca solo sul consenso garantito dallo spettacolo mediatico e l’intendance (delle reali capacità di governo) suivra… forse.
Giuliano Longo