Romeni evasi da Rebibbia, smentita la cattura a Tivoli: è giallo

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Sembrava non essere durata neanche 24 ore la fuga dei due detenuti romeni scappati domenica 14 febbraio dal braccio G11 del carcere romano di Rebibbia. In un primo momento, il sindacato della polizia penitenziaria Fns Cisl Lazio aveva infatti comunicato che gli evasi che erano stati catturati a Tivoli.

Catalin Ciobanu e Mihai Florin Diaconescu, 28 e 33 anni, sembravano esser stati sorpresi dalle forze dell’ordine mentre si nascondevano in un appartamento a Tivoli insieme ad altri connazionali. Poi, però, è arrivata la smentita dallo stesso sindacato: “I due sono ancora ricercati. Al momento sono ancora in corso le ricerche”. Prosegue quindi la caccia all’uomo. Diverse unità della polizia penitenziaria, di altre forze di polizia e dei carabinieri continuano a cercarli in tutta Italia, dopo aver reso pubblici i loro identikit. Considerati soggetti pericolosi, i due erano finiti in carcere, rispettivamente, uno per omicidio e sequestro di persona, l’altro per rapina e ricettazione.

L’ATTACCO DEI SINDACATI DI POLIZIA – La fuga dei due ha sollevato numerose polemiche. Il sindacato di polizia carceraria Fns Cisl ha attaccato il sovraffollamento di Rebibbia rispetto al numero di agenti considerato inadeguato. “La Fns Cisl Lazio ritiene che il personale in servizio di polizia penitenziaria nei 14 istituti penitenziari della regione Lazio – ha affermato il segretario generale aggiunto Massimo Costantino – è sottodimensionato e non più rispondente alle esigenze funzionali degli Istituti, dove si continua a registrare un esubero di detenuti rispetto alla capienza detentiva prevista”. Sulla stessa linea anche Donato Capece, segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Sappe, che ha evidenziato come “al momento della fuga, c’erano di guardia solo due agenti per complessivi 150 detenuti”. Ha provato a calmare gli animi Santi Consolo, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, che ha precisato come “le informazioni provvisorie dicono che nel padiglione G11, dove c’erano circa 300 detenuti, gli agenti erano nove, tre per piano. Dobbiamo verificare quale era l’ordine di servizio e il livello di sicurezza, come mai non c’è stato l’allarme, se i sistemi sono stati collocati a regola d’arte e se la manutenzione era adeguata”. “Un eccesso di allarme per l’evasione di due detenuti – ha quindi ammonito – non deve creare paura nella collettività, i nostri istituti sono sicuri. Sono consapevole che c’è necessità di risorse e di personale e vanno potenziati sistemi di allarme moderni per evitare le evasioni”.

PER ANTIGONE NESSUNA EMERGENZA – Di avviso opposto a quello dei sindacati di polizia è invece Antigone, l’associazione a favore dei diritti nelle carceri. “Non c’è un’emergenza evasioni – ha commentato il presidente Patrizio Gonnella –. Le strumentalizzazioni sono rischiose perché fanno sì che ci possa essere una reazione sbagliata, e che si ricominci a chiudere, a tenere i detenuti nelle celle, a limitare gli spazi di socialità, come se fosse un modo per evitare le evasioni. Speriamo che l’amministrazione penitenziaria non faccia un passo indietro peggiorando la vivibilità degli istituti”. Per Gonnella non c’è una vera emergenza di organico: “In Italia abbiamo un alto rapporto agenti/detenuti, 40mila contro 52mila. Al massimo il problema è di razionalizzazione nella distribuzione della polizia penitenziaria, che non si è determinata ora, ma negli anni. Chiediamoci come sono distribuiti gli agenti nelle carceri, quante persone lavorano al ministero e quanti negli istituti, e quanti ieri avevano presentato un certificato medico”.

 

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