Primarie Pd, la “profezia” di Fassina e i rischi del 6 marzo

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Così parlò, non Zaratustra, ma Stefano Fassina. Sceso dalle aure non proprio terse di Sel-Sinistra Italiana dove ancora si combattono i nostalgici delle poltrone in giunta e in Aula Giulio Cesare contro i fautori della ‘Nuova Sinistra’ antirenziana, entra a gamba tesa nelle primarie del Pd per il Comune di Roma e sentenzia «Giachetti potrebbe perdere solo se andasse a votare poca gente».

IL PD E MORASSUT

Alludendo al peso preponderante nel voto che la vecchia “ditta” romana potrebbe esercitare. Parliamo del vecchio Pd, quello cattivo e pericoloso delle correnti e dei feudi, massacrato dal rapporto Barca, scomparso dai radar, e dalla strafexpedition  «pulizia e risanamento» del commissario Orfini che sino ad oggi non ha suscitato un oceano di simpatie in quel che resta del Pd.

L’ESPERIENZA DI FASSINA

Ma Fassina, che alle “parlamentarie” ha preso 10.000 voti tutti pilotati dal suo ex partito, potrebbe aver ragione. Se a Roma si precipitassero ai gazebo almeno 100.000 simpatizzanti, con un partito ridotto a 7.000 iscritti, i dati del consenso sarebbero estremamente imprevedibili, ma non soltanto a favore di Giachetti.  Anzi potrebbero aumentare le chances dell’assessore all’urbanistica di Veltroni imbarazzato (lui renziano) dall’endorsement di Bersani e della cosiddetta sinistra del Pd. Il fatto è che per Morassut non remano solo i bersaniani, ma la vecchia guardia di Veltroni, Bettini e probabilmente D’Alema.

GIACHETTI E RENZI

Pezzi da novanta in grado di pilotare consensi ‘storici’ che vanno dai poteri forti, alle clientele del Comune e delle partecipate e dulcis in fondo alla Cgil che non avrebbe difficoltà anche solo a mobilitare qualche migliaio di pensionati iscritti. Per di più quando è arcinoto che il radicale Giachetti ha sempre fatto da megafono alla critica sferzante del presidente del consiglio nei confronti dei sindacati e in particolare della Cgil. Che non gli giova in una città dove i sindacati della Funzione Pubblica e delle partecipate hanno ancora un peso importante.

Insomma, un mondo che potrebbe guardare con simpatia a Morassut che nella complessa macchina amministrativa ci ha navigato per anni ligio ai criteri Veltroniani della concertazione con le parti sociali. Eppure molti osservatori danno per scontata la vittoria del vice presidente della Camera, probabilmente sedotti dal “karma” di Renzi che vince sempre.

ACCOPPIATA CON MARINO

C’è poi un dato politico che forse Fassina vorrebbe esorcizzare. Se è vero che l’accoppiata con l’ex sindaco Ignazio Marino promette sfracelli elettorali con percentuali di consenso a due cifre, l’eventuale vittoria di Morassut potrebbe influenzare i ‘miglioristi’ di Sel  che ad una sconfitta certa preferirebbero arrivare al ballottaggio in coalizione con il Pd. Tanto più che il candidato ufficiale al Campidoglio è ancora Stefano e non si comprende bene che ruolo abbia Marino in questa preannunciata accoppiata perdente.

Gli umori unitari dei “miglioristi” non si sono certo sopiti nonostante il fallimento del convegno degli eletti a sinistra che di sabato fa al Brancaccio. Da quella iniziativa doveva rinascere quell’unità della sinistra auspicata anche dal governatore Zingaretti (oggi sostenitore di Giachetti) per la quale stava lavorando il suo vice Smeriglio. La vittoria di Morassut potrebbe riaprire la partita o la lacerazione, su una prospettiva unitaria alla quale l’ex assessore lascia le porte più che aperte, spalancate.

Un pò come il commissario Orfini che ha fallito nell’intento. Quanto poi la sfida delle primarie sia percepita dalla opinione pubblica (che una recente indagine del Messaggero rivela sempre più sfiduciata e incazzata) lo diranno i numeri. Le primarie  di Milano dovrebbero insegnare che la Balzani e Majorino, nettamente connotati a sinistra, avrebbero potuto battere Sala con largo margine. A Roma, nonostante tutta la buona volontà del renziano Morassut, il rischio è che queste primarie si trasformino in un miniplebiscito pro o contro Renzi. Amen.

 

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