Comune di Roma, Marino resiste ancora e tiene per… la gola il Pd

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Si era creata grande attesa per la riunione di Giunta che avrebbe potuto segnare sia la conferma che la revoca delle dimissioni di Ignazio Marino. Soprattutto dopo le dichiarazioni delle fedelissima Alessandra Cattoi, interprete autentica del Marino pensiero, che descriveva il sindaco “sereno” e adombrava l’ipotesi che si potesse presentare in Consiglio per ottenere l’eventuale sfiducia dalla sua maggioranza. Vis a vis, guardando i consiglieri uno a uno nelle palle degli occhi. Poi il comunicato nel quale si afferma che la riunione è stata esclusivamente tecnica e alcuni temi quali la definitiva pedonalizzazione dei Fori, viene rinviata al giorno successivo. Insomma, il sindaco del fare nuovo formato, tiene sino all’ultimo il suo partito per le innominabili parti intime maschili.
PROVA DI FORZA – La recente decisione del gruppo consiliare del Pd di attenersi alle decisioni del partito nazionale e di quello locale (senza nemmeno fare il nome del commissario Orfini) era solo aria fritta senza la decisione delle dimissioni in blocco. Una prova di forza quella del sindaco che gli sta offrendo visibilità mediatica facendosi passare da sindaco inadeguato a martire degli intrighi politici, si badi bene, del suo partito. Fare previsioni in questa situazione è davvero difficile, intanto perché la convocazione d’aula invocata da Sel e suggerita dal cerchio magico del sindaco, richiede i suoi tempi che non si misurano in giorni ma in settimane. Se tuttavia dai vertici democratici si danno ormai per scontate le dimissioni del sindaco, qualcuno comincia a vacillare nelle sue ferree convinzioni. Anzi c’è chi si augura che nonostante l’insostenibilità politica della sua posizione, il sindaco possa tirarla ancora per le lunghe consentendo un chiarimento all’interno del Pd che finirebbe per essere una “notte dei lunghi coltelli” con tanto di morti e feriti. D’altra parte diviene difficile giustificare il dimissionamento del sindaco per quattro scontrini che non rappresentano nemmeno un reato. E risulta tardivo denunciare la sua incapacità di governo, che non sarebbe solo di oggi.
OCCASIONI PERSE – Le occasioni per sfiduciare Marino c’erano state quando Sel uscì dalla maggioranza e dalla Giunta con il dimissionamento del vice sindaco Luigi Nieri. Inoltre fu lo stesso Orfini a insistere presso Renzi perché il sindaco proseguisse la sua esperienza di governo nella speranza di poterlo pilotare rilanciando la sua credibilità. Quando invece ad agosto il Comune poteva anche venir sciolto, se non proprio per mafia, almeno per la devastante pervasività della corruzione. Oggi il giovane commissario del Pd parla di dream team, squadra da sogno, che dovrebbe affiancare l’eventuale commissario governativo, in pratica disconoscendo che gli assessori dimissionari da lui scelti, da Esposito a Causi, sino alla Di Liegro, avevano poco da far sognare. Nella difesa della sua persona Marino sta dimostrando invece una abilità politica, che gli abbiamo sempre riconosciuto, inversamente proporzionale alle sue doti di governo. Nè vale stracciarsi le vesti per la paralisi amministrativa della Capitale che per molti risulta anchilosata da un bel pò, almeno dopo i primi arresti di Pignatone nel dicembre scorso.
IL PROCESSO – Intanto il 5 novembre prenderà il via il processo monstre di mafia capitale dove fra testi e imputati sfilerà un bel pezzo di classe politica romana, dando il via ad una campagna elettorale che durerà sino a luglio, mese previsto per le sentenze. Sempre che una volta salutato Marino e nominato un commissario governativo, non si decida veramente di far celebrar il Giubileo in santa (è il caso di dire) pace e far slittare la competizione ai primi mesi del 2017. Scelta che potrebbe far comodo al Pd, ma anche alla opposizione ancora impreparata alla sfida.

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