Comune di Roma, il sondaggio di Vespa affonda il Pd

0

Tanto tuonò che piovve, almeno dai sondaggi (che saranno pure poco credibili ma) che nella situazione di Roma qualcosa vorranno pur dire. In verità che la situazione per i Democratici sia disastrosa se lo stanno dicendo in molti nel partito e da tempo, escluso il commissario del Pd Romano Matteo Orfini il quale credeva che tenendo in piedi Marino almeno sino al 2017 si sarebbe potuta ripristinare la credibilità del Pd e soprattutto la sua, oggi in netto declino. Ma veniamo al dunque.

Secondo un sondaggio commissionato da Porta a porta alle società IPR e Tecné, se si andasse a votare oggi il M5S di Grillo otterrebbe tra il 33 e il 35% dei consensi per l’elezione del sindaco. Il PD a Roma si fermerebbe tra il 17% e il 19%. Una eventuale lista Marino si fermerebbe tra il 4 e il 5 %, mentre la coalizione di centro sinistra si fermerebbe tra 21 e il 23 %  superata da quella di centro destra che raggiungerebbe tra il 26 e il 27%. Il problema è molto serio per Matteo Renzi il quale, tutto sommato, aveva previsto che la permanenza di Marino in Campidoglio non avrebbe migliorato la situazione nonostante gli innesti del ‘faso tutto mi’ senatore Esposito e il “repechage” dalle nebbie del passato veltroniano dell’onorevole Causi che Orfini aveva sponsorizzato con l’acquiescenza dell'”allegro chirurgo” (copyright il foglio di Cerasa e Ferrara).

Quello ormai proiettato verso mete internazionali che avrebbero dovuto garantirgli di passare alla storia dei grandi. Se queste sono le tendenze di un elettorato che almeno al 40% potrebbe non andare a votare, la mossa di Renzi di liquidare il sindaco appare piuttosto temeraria quanto quella di Orfini molto furbesca e di basso cabotaggio. L’unico convinto che se facesse il commissario del Comune e magari anche il candidato sindaco rimane “Mastrolindo”, come viene affettuosamente chiamato dagli amici, Alfonso Sabella che dalla direzione degli approvvigionamenti del Dap è sbarcato al Comune subito dopo l’ondata di arresti a seguito della indagine di Pignatone.

E che domenica rilasciava, guarda caso, una lunga intervista all’Unità. Nel frattempo i resti di quel Pd ‘pericoloso e cattivo’ individuato dalla indagine del professor Barca che dopo aver dato i numeri se ne è lavato le mani, si dividono fra i neo sostenitori di Ignazio e quelli che non sanno che pesci prendere. Anche perché sono appena 3000 gli iscritti in città, e quelli che contano saranno (sì e no) poche centinaia. Certo, Orfini non è scemo e ha capito che per fare (non per vincere) le elezioni questi più o meno pericolosi e cattivi dovranno venir utilizzati in campagna elettorale, se non fosse che in molti cominciano a guardarlo storto dopo averlo leccato per qualche mese.

L’unica flebile speranza della sinistra è che Grillo dia il placet ad un candidato sindaco scelto fra i suoi sconosciuti ed inesperti (ma non scemi) consiglieri che in due anni hanno a malapena capito come funziona la macchina capitolina. Se poi davvero la destra risultasse il vero competitor al ballottaggio una volta fatta fuori la sinistra, non resterebbe che l’opzione Marchini, debitamente unto dal Signore di Arcore ma che sta sulle palle a Salvini. Anche perché l’opzione Meloni sarebbe mettersi gli attributi nel cassetto spinto con forza, visto che lei si tirerebbe dietro un bel pò di gente coinvolta con Alemanno.

C’è comunque da giurare che quelli, pochi o tanti che andranno a votare, non andranno tanto per il sottile sui nomi. In fondo nemmeno Marino era molto conosciuto se non per il trapianto di fegato dalla scimmia all’uomo. Per loro sarà sufficiente dire “basta!” all’esperienza della sinistra che con il Marziano, divenuto alieno alla città, ha toccato il punto più basso dopo lo sprofondo dell’esperienza Alemanno. E questo senso di sordo mugugno, di ribellione confusa, di drastico rifiuto punirà anche gli onesti che pensavano che accodandosi alla Procura con al bandiera della trasparenza e della legalità avrebbero potuto salvarsi la pelle. Ora tocca a Renzi metterci la faccia e intervenire direttamente nella campagna elettorale con i risultati strabilianti del suo buon governo e la sua affabulante chiacchiera. Si, ma con chi?

La Madia, donna del partito romano deve fare (dice lei) la riforma della pubblica amministrazione. Gentiloni ha già tanto da fare in Libia e nel Medioriente, Giachetti che con Roma c’entra come i cavoli a merenda. Zingaretti che se molla la Regione apre un altro baratro. Oppure addirittura con Orfini, giusto per espiare i guai che ha combinato bevendo sino in fondo il calice della sconfitta. Se poi qualcuno pensa a Gabrielli potrebbe anche azzeccarci se non fosse che come uomo dello Stato (e non di partito) dovrebbe assurgere al ruolo di capo della Polizia. E poi l’esperienza di Serra a Milano contro la Moratti insegna che i prefetti non vincono mai.

Ignazio dopo la sua dipartita pensava che a Roma avessero vinto le mafie e i poteri forti, e qualche ingenuo ci ha pure creduto. Ma la verità è che a Roma ha perso una classe dirigente di sinistra impreparata a governare con un sindaco che credeva di essere alternativo e ‘antagonista’ al suo partito che lo ha affossato. E poi l’unico che in sei mesi riusciva a ribaltare i sondaggi era Berlusconi e potrebbe riuscirci anche il suo figlio d’arte Matteo, se avesse il nome giusto. A meno che abbia fatto un altro conto. Tanto vale perdere i voti adesso alle comunali che perderli a Roma per le politiche. Ma lo schiaffo  della sconfitta sarebbe comunque pesante e lui non ama perdere e tanto meno con i grillini che gli stanno con il fiato sul collo nei sondaggi nazionali.

[form_mailup5q lista=”campidoglio”]

È SUCCESSO OGGI...