Pd, la Federazione romana di Orfini citata in giudizio dai militanti

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È una notizia che difficilmente verrà ripresa dalla grande stampa, ma che vien pubblicata dal portale di Piero Filotico “Un filo rosso” . Una sigla che probabilmente rappresenta gli umori di certa base del Pd non solo romano che nella svolta impressa da commissario Matteo Orfini ravvisa pericoli per la democrazia interna di quel partito. Ebbene, la notizia è che alcuni militanti del PD hanno citato in giudizio la Federazione romana chiedendo l’annullamento della delibera con cui, a seguito del Commissariamento, la Direzione del PD romano su indicazione del commissario Orfini, ha “riformato” l’organizzazione e la struttura del partito.

LA TESI DEI RICORSISTI – I ricorrenti, sono Giancarlo Ricci e Antonio Zucaro, assistiti dagli avvocati Anna Falcone e Antonio Pellegrino Lise. La prima udienza cautelare è già stata fissata per il 28 settembre p.v. Secondo l’estensore dell’articolo i ricorrenti “sono persone che tutto il PD romano stima e conosce per l’impegno che hanno sempre speso per raddrizzare quelle storture, per denunciarle e combatterle a viso aperto”. Inoltre i ricorrenti sono convinti che le scelte del commissario Orfini non sono in grado di sanare “le distorsioni e le aberrazioni che hanno aperto la strada a quei fenomeni (di Mafia Capitale, ndr) ma le stanno amplificando”. Infatti se il partito a Roma è diventato “brutto e cattivo”, come sostenuto a piene mani dall’indagine del prof. Barca presentata a luglio, una delle cause principali è che «la partecipazione era stata soffocata e sostituita dalla logica delle filiere di costruzione del consenso che, al di là delle collusioni che non sempre si verificavano con la criminalità mafiosa, ne riproducevano le leggi di funzionamento (scambio di favori clientelari, asservimento personale, creazione di reti occulte o opache, sottratte alle regole democratiche di rapporto tra soci di una medesima organizzazione)”.

INSENSATO CHIUDERE I CIRCOLI – Quindi è insensato chiudere i circoli come vorrebbe il commissario, lasciandone uno ogni 200.000 abitanti, quando per lo Statuto del Pd dovrebbero essere almeno il quadruplo. Con l’aggravante che queste decisioni “intervengono pesantemente sullo svolgimento del futuro congresso, condizionandone il percorso democratico e la composizione della platea congressuale”. Tutto ciò, nonostante il commissario fosse stato già ammonito dalla Commissione Nazionale di Garanzia la quale ha escluso che i poteri di Orfini possano esautorare gli organi politici assembleari. La nostra presunzione ci induce a credere che Matteo Orfini, unto dal signore che sta a palazzo Chigi, non terrà in gran conto questa citazione in giudizio. Anche se i dati del tesseramento del partito romano dovrebbero indurlo a qualche riflessione perché non si vince (nemmeno le elezioni) quando la è truppa esausta e le sue fila si assottigliano.

 

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