“Abbiamo avuto modo di apprendere che al momento sono oltre 33 mila le persone che attraverso change.org hanno aderito alla petizione “Subito il Contratto di servizio Rai, vogliamo sapere perché paghiamo il Canone” promossa dall’Associazione Cittadinanzattiva rivolta alla Presidente della Rai Monica Maggioni e alla Commissione di Vigilanza Rai.
Prendiamo spunto da questa iniziativa per evidenziarne l’aspetto economico ovvero – che fine fanno i nostri soldi – in quanto anche noi dipendenti siamo soggetti al pagamento del “Canone Rai”. La differenza è che noi cittadini/dipendenti sappiamo e vediamo come viene dilapidato il denaro ricavato attraverso il “Canone” e se come dipendenti abbiamo la libertà di opinione sancita dall’Articolo 1 dello Statuto dei lavoratori, come cittadini abbiamo il pieno dovere di esprimere e far valere il nostro diritto di critica in quanto peculiare espressione del diritto costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero sancita dall’Articolo 21 della Costituzione”. Questa la denuncia del Sindacato Nazionale Autonomo Produzione e dell’Associazione Rai Bene Comune-IndigneRAI.
“Intendiamo così pubblicamente denunciare come viene sperperata quota parte di denaro Pubblico che costantemente avviene in Rai. Ci riferiamo in questo caso alla esternalizzazione di molte attività che potrebbero svolgersi internamente.
Ultimo caso di una lunga serie riguarda la commessa – da parte della Direzione Comunicazione e Relazioni Esterne – di alcuni spot pubblicitari finalizzati al lancio di nuovi eventi e trasmissioni televisive.
Gli spot di “Che fuori tempo che fa” – “RAI ERI – Salone del libro di Torino 2015” – “Festival del cinema di Venezia 2015” – #Ioleggoperchè – come la sigla della Domenica Sportiva sono tutti stati commissionati e realizzati dalla Società di produzione One More Pictures e si presume – a meno che non siano stati prodotti gratuitamente – siano costati parecchi “Canoni” che potevano essere risparmiati e utilizzati per altri fini.
Segnaliamo una nota curiosa riguardo gli spot di “Che fuori tempo che fa” e della sigla della DS (Domenica Sportiva) che sono stati rimossi dal sito web di One More Pictures dopo la diffusione del comunicato sindacale dello SNAP – prot.S.N. 31-15 e che ancora oggi non sono visionabili.
Questi spot – come si potrà notare – sono di una semplicità disarmante in quanto per la loro realizzazione non sono state impiegate tecniche particolari di ripresa e tantomeno effetti speciali hollywoodiani che possano in qualche maniera “giustificarne” la commessa all’esterno.
Nonostante le nostre reiterate denunce ci risulta incomprensibile che alcune Strutture della Rai continuino indisturbatamente ad appaltare e commissionare all’esterno ciò che potrebbe – ma soprattutto dovrebbe – realizzare internamente, utilizzando le tante risorse, capacità, mezzi e competenze professionali che invece vengono inutilizzate e mortificate. Risorse che – come è stato più volte dimostrato – sono in grado di realizzare a costo zero – visto che sono comunque stipendiate – prodotti di alto livello che eviterebbero così l’inutile spreco di denaro Pubblico.
La stessa Corte dei conti recentemente, tenuto anche conto della riduzione delle entrate, ha sottolineato l’esigenza di un contenimento dei costi, e soprattutto di quelli della produzione, ribadendo l’esigenza che si attivi ogni misura organizzativa, di processo e gestionale, idonea ad eliminare inefficienze, proseguendo nel percorso di internalizzazione delle attività e concentrando gli impegni finanziari sulle priorità effettivamente strategiche. Noi da dipendenti ci chiediamo: perché questo non avviene?
Come cittadini/dipendenti quindi – confermando il nostro ruolo di controllo – chiediamo un fattivo impegno da parte della nuova Governance aziendale ad invertire questa tendenza attraverso una più oculata attenzione al ricorso degli appalti che porti alla internalizzazione di tutte quelle attività che inspiegabilmente e impunemente vengono commissionate all’esterno, non solo, il molteplice ricorso a collaborazioni e consulenze esterne, appare privo di ogni trasparenza aziendale (la RAI è ente di diritto pubblico)”.
“Di là dai compensi dei contrattualizzati esterni, – conclude il comunicato – ci sembra assurdo che in un’azienda di 13000 dipendenti non si effettui prima un censimento interno delle proprie risorse umane e poi – solo successivamente – si passi ad eventuali consulenze esterne, come la legge prevede.
Chiediamo inoltre che vengano definiti seri criteri di trasparenza in materia di appalti tramite pubblicazioni e dettagliate rendicontazioni che dovranno essere messe a disposizione del cittadino tramite il sito internet della Rai.
Vogliate considerarci a Vs disposizione per ulteriori informazioni.
In attesa di riscontro porgiamo i nostri Distinti Saluti”.
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