L’indagine dell’Autorità nazionale anticorruzione sulle anomalie relative all’incremento dei costi e al prolungamento dei tempi di realizzazione della linea C della metropolitana di Roma ha confermato quanto molti avevano denunciato, tra cui il sottoscritto, sin dal 2010 sull’aumento delle spese, sui clamorosi ritardi e sulle incomprensibili varianti del tracciato iniziale dell’infrastruttura. La relazione annuale dell’Anac evidenzia come il costo totale dell’investimento sia passato da 3.047 a 3.740 milioni di euro, ma lo stanziamento previsto riguardava il completamento della linea fino a Clodio, mentre nonostante la lievitazione dei costi e un ritardo di oltre cinque anni oggi le risorse impiegate consentiranno di arrivare solo alla stazione di San Giovanni, vale a dire la metà dell’intero tracciato della metro C.
45 VARIANTI – Tale incremento di spesa è da ricondurre sia alle 45 varianti adottate in corso d’opera, di cui 7 a parità di importo, 5 in diminuzione e 33 in aumento, che alle modifiche introdotte in sede di approvazione dei successivi livelli di progettazione avvenute tutte nel corso dell’Amministrazione comunale precedente a quella di Marino.
CONSULENZE E COMPENSI – Ma l’indignazione riguarda anche le spese per i collaudi dell’opera con elevati compensi offerti a consulenti esterni attraverso il metodo “intuitu personae”, quando la società Roma Metropolitane – per sua mission e natura – avrebbe avuto risorse e strumenti interni per svolgere tale incarico. Il procuratore regionale della Corte dei Conti, Angelo Raffaele De Dominicis aveva già dichiarato quanto fossero insopportabili e moralmente inaccettabili i costi per la costruzione della linea C. Prendere come esempio negativo di malagestione la più importante infrastruttura della mobilità pubblica per spese gonfiate, disservizi, corruzione e danno erariale non fa certo onore alla Capitale d’Italia.
IL CONTENZIOSO – Sul tema del contenzioso, inoltre, l’Autorità non ha ritenuto condivisibile il riconoscimento a Metro C di specifici corrispettivi relativi alla funzione di Contraente Generale, visto che le attività per le quali è stata chiesta la compensazione sarebbero già individuate negli atti di gara – soprattutto nel capitolato speciale d’appalto, come di competenza dello stesso Contraente Generale – e remunerate quindi nell’ambito dei prezzi a base d’asta. Il documento rileva poi che alcune modifiche hanno ribaltato la priorità di costruzione, ponendo al centro gli interessi dei privati e mettendo sullo sfondo quelli della città e del sistema di mobilità pubblica, rimandando cosi la realizzazione della tratta centrale.
COSTI SPROPORZIONATI – Questa opera, dunque, ha visto il moltiplicarsi dei costi fino a raggiungere cifre sproporzionate, ha accumulato cinque anni di ritardi e 45 varianti per arrivare solo a San Giovanni. Metà del tracciato previsto per un’opera di fatto incompiuta: ora si dovranno individuare le responsabilità di questa rapina ai danni di Roma. Dopo il giudizio della Corte dei Conti e dell’Anac, infatti, diventa ancora più arduo immaginare la conclusione dell’intera tratta della nuova metro C fino a piazzale Clodio, ipotizzando il coinvolgimento dei privati o scaricando su tutta la comunità cittadina un onere insostenibile, che potrebbe mettere in ginocchio le casse comunali. In altre parole, non credo che Roma possa sostenere il peso di un project financing promosso da imprese private e che richiederebbe il sacrificio di milioni di metri cubi. Non si può più fare.
Massimiliano Valeriani – Vicepresidente del Consiglio Regionale del Lazio
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