E’ durato quasi 4 ore l’interrogatorio del 31 marzo scorso di Salvatore Buzzi, assistito dal suo legale Alessandro Diddi alla presenza sostituto Procuratore Cascini, del Procuratore Aggiunto Prestipino e del Dottor Giovannetti. Un’autodifesa tutta improntata alle radici che Buzzi vanta dal 1992 nella sinistra Romana a partire dal defunto Pci. Una storia che non commuove gli inquirenti che invece lo incalzano sugli specifici addebiti di corruzione e sul suo sodalizio con Carminati che lui conosce dai tempi delle patrie galere negli anni 90 e con il quale intrattiene rapporti amicali. Ma la “versione” di Buzzi tende ad escludere l’esistenza di una associazione mafiosa e a sminuire le potenzialità intimidatorie del suo sodale con un passato di prossimità alla criminalità organizzata. Eppure dalle intercettazioni risulta che basta una telefonata di Carminati per far scendere precipitosamente Antonio Lucarelli, il potente segretario dell’allora sindaco Alemanno, ad incontrare Buzzi.
«Io non voglio avere niente a che fare con la Calabria, con la ‘ndrangheta, con la Camorra, non me ne frega niente» premette. Quanto a Lucarelli «scende giù (dopo la telefonata di Carminati, ndr) certo che io mi sono meravigliato, perché conoscendo quanto era str… (si corregge), quanto era arrogante Lucarelli, che Lucarelli scende a parlare con me, mi meravigliai tanto.»
E allora come ha potuto l’ex uomo della banda della Magliana smuovere il braccio destro di Alemanno? Semplice «perché Lucarelli era stato candidato per Forza Nuova a delle elezioni comunali, mo’ non mi ricordo in che anno, e lui gli faceva campagne elettorali….Ecco, non è che Lucarelli scende perché c’aveva paura di Carminati….»
Quindi nessuna intimidazione di tipo mafioso ma solo un sodalizio fra camerati della destra estrema che con Alemanno avevano finalmente trovato un fruttuoso sbocco politico. D’altra parte Buzzi allora aveva difficoltà a contattare Alemanno per perorare la causa delle sue coop sociali che davano lavoro ad oltre 1300 persone il 30% delle quali ex carcerati o svantaggiati. Una organizzazione dal futuro tutt’ora incerto.
«Non riuscivamo mai a parlare con Alemanno, perché, insomma, parlare con il Sindaco era difficile. C’avevamo sempre questo Lucarelli di fonte. E Lucarelli, non ti dico, era di un’arroganza più unica che mai, quindi quando Carminati dice “guarda che Lucarelli scende lui e ti viene a parlare”, ho fatto “si ma quando viene a parlare Lucarelli con me?”. E invece è sceso….»
La lunga autodifesa di Salvatore Buzzi prosegue con l’emergenza immigrati, perché anche quattro anni fa era tale. Qui le sue coop cominciano a lavorare nel 2011 quando il Governo Berlusconi decreta l’emergenza nord-Africa che viene affidata alla Protezione civile.
«Però cominciano ad arrivare tanti, tanti minori, il problema dei minori era un problema diverso, perché mentre il maggiorenne può accoglierlo o non accoglierlo, non è un problema, il minorenne praticamente andava a carico del Sindaco, siccome questi si sono fatti furbi… praticamente si presentavano ai commissariati di polizia o ai comandi dei vigili urbani, dicevano “no, io sono minore, io sono minore”, i vigili dovevano chiamare il quinto dipartimento del Comune di Roma, e il quinto dipartimento prenderli in carico: il Sindaco firmava la tutela e doveva, e doveva metterli in dei centri di accoglienza.»
Per questa emergenza vengono chiamati tutti i soggetti che operano nel settore e solo in 5 accettano perché «il problema era che ci affidavano gli immigrati a un prezzo anche ottimo, erano 69 euro per immigrato perché erano minori e ce li affidavano in deroga perché tu il minore lo puoi tenere massimo in strutture di 10 posti, però andavamo in deroga e non c’era scritto da nessuna parte l’importo…»
Obietta Casciani «non c’era scritto da nessuna parte?»
«Non c’era l’importo fondi. Praticamente operavamo in assenza di copertura finanziaria. E poi minori ne arrivarono tantissimi, tanto è vero che quando il Comune fa il bilancio il 5 novembre 2012 mette lo stanziamento per i minori, ora dico cifre che magari sono sbagliate, fa lo stanziamento per coprire quella spesa dei minori di 15 milioni di euro, ma i 15 milioni di euro non erano bastevoli a coprire tutto l’importo necessario per coprire tutta la spesa» quindi ne mancavano 10 che diventano debito fuori bilancio.
Occorre allora «un lavoro proprio politico, per cui non solo io, ma anche gli altri 4 assegnatari di minori, ognuno per la sua parte, e anche il Comune insomma, che si rendeva conto che prima o poi ci doveva pagare, e praticamente arrivavamo alla sera del 10 aprile 2013 che la delibera nostra, Dottor Cascini, passò a mezza notte meno un minuto, a mezza notte finì il Consiglio Comunale, quindi si può immaginare lo stress, eh, di quei giorni.»
Nella sostanza «un lavoro politico» per far finanziare questo debito fuori bilancio, una danza che prosegue anche con il primo bilancio dell’amministrazione Marino perché «nel 2013 il Comune di Roma rifà un altro debito fuori bilancio che siamo riusciti a far passare con enorme fatica e difficoltà ora, a ottobre del 2014, in Consiglio Comunale.» Tanta fatica per che cosa? A leggere le dichiarazioni di Buzzi, per “soli” 150.000 euro dei quali il 50% spettava a Carminati mentre «noi non guadagnavamo niente perché c’avevamo solo il nostro stipendio…»
Un bell’affare per il ‘cecato’ che si sarebbe intascato un bel poi di soldi (mai incassati secondo Buzzi) solo per aver fatto scendere ‘de corsa’ Lucarelli. (segue)
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