La legge di Stabilità prometteva un supporto alla maternità, un bonus di 80 euro al mese e di durata triennale per ogni figlio nato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017. Unico requisito per usufruire dell’assegno, un reddito non superiore ai 25mila euro annui.
I MOTIVI DELLA PARALISI SONO:
1) LA MANCATA PROMULGAZIONE DEI DECRETI ATTUATIVI
La norma che doveva rendere esecutivo il bonus era prevista entro il 31 gennaio ma non è stata varata nei tempi previsti dai ministeri del Lavoro e delle politiche sociali, della Salute e dell’Economia. Da Palazzo Chigi fanno sapere che arriverà a giorni e che conterrà il modulo per fare richiesta e le effettive modalità di pagamento. Ad oggi l’Inps deve raccogliere le domande e provvedere all’erogazione dell’assegno, ma senza decreto attuativo l’ente ha le mani legate.
2) LE DIFFICOLTA’ NELL’USARE IL NUOVO ISEE
Dal 1° gennaio è entrato in vigore il nuovo indicatore economico che consente l’accesso alle prestazioni sociali. Nella versione rinnovata, l’Isee includerà i redditi lavorativi, ma attribuirà un peso maggiore alla componente patrimoniale e soprattutto immobiliare. In più, dovranno essere dichiarate anche le giacenze medie sul conto corrente, un dato che le banche non sono ancora capaci di esprimere.
A beneficiare degli 80 euro sono soltanto i nuclei familiari con un reddito non superiore ai 25mila euro annuali. Il bonus raddoppia a 160 euro per i genitori che non sforano il tetto dei 7mila euro. Il Governo ha stimato che gli aventi diritto saranno 330mila l’anno (su un totale dei 500mila che in media nascono nel nostro paese), ma probabilmente saranno meno gli idonei. Tra i 330mila, circa 85mila potranno accedere al bonus maxi da 160 euro.
Per coprire il bonus bebè, il Governo stima di spendere 202 milioni di euro per il 2015, 607 per l’anno prossimo, 1 miliardo per il 2017 e il 2018, 607 milioni per il 2019 e 2002 per il 2020.
Il bonus bebè non è l’unico aiuto alle famiglie. Esiste anche un assegno al nucleo familiare per i lavoratori diepndenti (Anf), un assegno erogato dai Comuni, le detrazioni Irpef per i figli a carico, il bonus una tantum riconosciuto da alcune Regioni e infine, l’assegno alla maternità per le lavoratrici non occupate.