Il Comune di Roma vende il patrimonio e (forse) incassa 300 milioni

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Il principio lo ha ribadito quatta mattina Ignazio Marino presentando, con l’assessore Alessandra Cattoi e il presidente della commissione consiliare Pirpaolo Pedetti, il piano per la dismissione del patrimonio immobiliare del Comune. Per i modi ed i tempi si vedrà. Il principio, parole del sindaco, è che fra i compiti del Comune non vi è quello di mettere a reddito case, gestire farmacie o inviare l’Ama a spazzar le strade di Dakar in Senegal (con evidente riferimento a Veltroni), ma quello di incrementare i servizi ai cittadini. Tanto più quando su questi immobili, il cui censimento fu avviato dal vice sindaco Luigi Nieri alla fine del 2013, sussistono spesso condizioni di privilegio e scarsa trasparenza.

ARRIVA LA DELIBERA – Così la delibera di giunta approvata stamane ed illustrata dalla Cattoi fa finalmente chiarezza sui 571 immobili che verranno valorizzati e possibilmente venduti. Indubbiamente non sono più sostenibili situazioni per le quali, ad esempio, 90 m2 in via dei Coronari risultano affittati per 1098 euro l’anno, a 946 in piazza Trilussa per 50 m2 o sui Fori Imperiali in l.go Corrado Ricci a 516 per 40 m2. E allora ecco pronta la delibera che dovrà passare al vaglio dell’aula Giulio Cesare, ma che intende mantenere anche una sua equità sociale. La torta riguarda, secondo stime molto approssimative, qualcosa come 309 milioni di euro e 571 unità immobiliari allocate per il 55% in centro I municipio. Suddivise per 294 residenziali, 164 non e 113 miste ad escluse dalla vendita da le botteghe storiche. Valorizzato questo ben di Dio si provvederà ad un’asta con l’acquisto agevolato per i residenti con prelazione ed uno sconto del 30% come previsto dalla legge nazionale, sconto non applicabile per i beni di particolare pregio allocati in zone di prestigio. Non solo, ma per 5 anni dall’acquisto questi immobili non potranno essere rivenduti.

TUTELA DELLE FASCE DEBOLI – L’aspetto sociale riguarda la tutela delle fasce deboli, quindi non potranno essere messi in vendita gli appartamenti di chi ha un reddito inferiore ai 28mila euro annui e che non desiderano acquistare. Mentre per i redditi superiori sino a 42000 i residenti potranno restarvi ancora per 5 anni dopo aver rinnovato il contratto Gli anziani con più di 75 anni potranno acquisire l’usufrutto ed il Comune venderà la nuda proprietà. E’ ovvio che le risorse così ricavate daranno una boccata di ossigeno alle casse comunali, ma se la procedura legislativa appare piuttosto rapida più complesso è il lavoro di valorizzazione perché gli immobili prima di essere messi all’asta dovranno essere periziati uno per uno con relativi costi e tempi non brevi. A questo punto si pone l’interrogativo se tale compito varrà in qualche modo internalizzato affidandolo a Risorse per Roma che aveva già avviato anni fa un procedimento analogo per la vendita degli alloggi popolari. Ma nel frattempo il principio è stato ribadito e l’entendece suivrà.

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