Dopo un anno e otto mesi il sindaco Ignazio Marino con inusitata solerzia porta alla Autorità Anticorruzione ben 120 faldoni di contratti sospetti. Nel frattempo nel corso della sua audizione in Commissione Antimafia litiga con la presidente Rosy Bindi (vecchia ruggine di quando Rosy era ministro della sanità?) la quale candidamente gli pone l’ovvio quesito di come mai, dopo 20 mesi di sofferta permanenza al Campidoglio, non si sia accorto di nulla. Come faceva, risponde lui, se nemmeno il prefetto Pecoraro ne sapeva nulla?
SCIOGLIMENTO ANCORA POSSIBILE – Ovviamente scatenando la risentita reazione del prefetto che comunque tiene saldamente in mano un filo che potrebbe portare allo scioglimento del Consiglio Comunale. Magari fra due mesi se le condizioni politiche a livello nazionale ed il volere di Matteo Renzi dovessero renderlo necessario. Che Marino abbia sempre avuto dimestichezza con gli uffici della Procura con frequenti visite al procuratore capo Pignatone è noto. Che le questioni sollevate dal Sindaco nei suoi colloqui abbiano contribuito alla grande retata dell’operazione ‘mondo di mezzo’, non pare. Tanto più che nel corso della conferenza di programma del Pd sabato 29 novembre (il giorno successivo all’arresto di Carminati) il procuratore capo era stato piuttosto esplicito (ma incompreso) nel monito rivolto alla affollata assemblea dei Democratici. Disse in sostanza Pignatone: guardate che nostro compito è ravvisare gli estremi penali delle indagini, ma la diffusa corruzione della politica è in primo luogo un problema di etica e di comportamenti.
RUOLI DISTINTI – Morale, non possiamo essere noi a togliervi le castagne dal fuoco perché il lavoro di pulizia e moralizzazione spetta a voi. Se dunque i 120 faldoni scaricati sulle scrivanie dell’Authority di Raffaele Cantone sono il pegno della credibilità di un sindaco sino a poche settimane fa in crisi di consensi, non si comprende perché ai 120 non abbia aggiunto anche gli altri 30 faldoni che riguardano i Punti Verdi Qualità. Un business da 400 milioni liquidi dei quali almeno 300 ancora garantiti dalla fideiussione pressoché totale del Campidoglio, per lavori attribuiti spesso a società fiduciarie rigorosamente escluse dal codice degli appalti per ovvi motivi di trasparenza, ma che hanno alimentato un giro d’affari vizioso. Su questa storia ormai non si contano più le denunce alla Corte dei Conti e alla Procura che comunque ha un procedimento penale aperto da tempo.
ALL’ATTENZIONE DI CANTONE – Ma la novità è che oggi la questione ha attirato anche l’attenzione della Autorità Anticorruzione cui Marino sta rivolgendo appelli accorati. Non che al sindaco manchino gli elementi, soprattutto dopo la dettagliata relazione del dirigente dell’ufficio di scopo dott. Serra che denuncia abusi, irregolarità amministrative e malefatte che vanno ben oltre i limiti della legalità. Chiusa la relazione nei cassetti tutto è rimasto lettera morta. Mentre ci risulta che il Comune continui a pagare in minima parte (per ora) i debiti dei concessionari morosi, al più tentando di coinvolgere le banche nella corresponsabile erogazione di facili crediti milionari. Un pò di scarica barile che agli istituti non nuoce, perché nel frattempo gli interessi corrono.
NOI NE PARLAVAMO 4 ANNI FA – Se l’authority di Cantone ha puntato i riflettori sull’intera vicenda elementi di corruzione debbono pur essere emersi, se non altro per quei lavori che negli anni hanno visto decuplicare il loro costo. Per di più sull’intera vicenda la stampa comincia a far circolare nomi di personaggi vicini a Carminati e Mokbel come la nostra testata denunciò già 4 anni fa. Ce n’è abbastanza perché il sindaco raccolga tutti i faldoni sui Pvq e li porti de corsa a Cantone prima che Raffaele li chieda per conto suo.
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