Jobs act, reintegra solo per accuse calunniose

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Sarà ancora possibile essere reintegrati sul posto di lavoro in caso di licenziamento per motivi disciplinari, ma solo in alcune “fattispecie ingiustificate”. Perché il licenziamento disciplinare venga equiparato a quello discriminatorio occorrerà che risulti pienamente dimostrato il carattere calunnioso della contestazione e che questa abbia per oggetto un reato grave. Altrimenti, la contestazione non pienamente confermata dall’istruttoria giudiziale potrà portare soltanto alla condanna dell’impresa a un indennizzo
E’ quanto prevede l’emendamento del governo al Jobs act sull’articolo 18 depositato oggi in Commissione Lavoro della Camera e frutto di una mediazione politica con la minoranza del Pd, partito del premier Matteo Renzi.
Viene invece escluso il diritto ad essere reintegrato nei casi di licenziamenti di natura economica.
In tutti i casi, saranno previsti «termini certi» per impugnare il licenziamento.

L’ACCORDO – «Siamo vicinissimi a un accordo con il Pd sul lavoro» aveva anticipato stamani Alfano ad Agorà. Dopo la presentazione dell’emendamento è arrivato infatti il placet di Sacconi: «Siamo soddisfatti. Il Governo ha indicato correttamente la formulazione concordata che esplicitamente individua nell’”indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio” la sanzione ordinaria del licenziamento illegittimo tanto economico quanto disciplinare, con la sola eccezione per quest’ultimo di specifiche fattispecie. Vi è l’intesa che dovranno essere disegnate in modo così circoscritto e certo da non consentire discrezionalità alcuna al magistrato, in modo che i datori di lavoro abbiano quella prevedibilità dell’applicazione della norma che li può incoraggiare a utilizzare i contratti a tempo indeterminato. Ora dobbiamo fare presto».

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