Sembrano ri-addensarsi le turbolenze nel Pd Lazio nonostante l’indiscutibile vittoria alle europee di Matteo Renzi abbia già indotto molti a balzare sul carro del vincitore. Un partito strano, suddiviso in correnti e centri di potere quello laziale, che ancora non corrisponde alla vision della Leopolda che prefigura una “forma-partito” ‘liquida’ e quindi agile, postideologica, centrista ma soprattutto “renziana” per la quale servono elettori e non tessere. Nel frattempo i nodi politici di Roma e del Lazio si vanno aggrovigliandosi con un sindaco (in forte calo di consensi) notoriamente refrattario alla politica politicante, ma che ti convoca una riunione degli eletti del Pd cui non partecipano i dirigenti del suo partito. Con il caso dell’on. Di Stefano che dal partito si è auto-sospeso dopo le rivelazioni stampa su una presunta mazzetta milionaria risalente a quando era assessore con Marrazzo.
IL SEGRETARIO REGIONALE – E infine un segretario regionale, l’on Fabio Melilli rimesso in discussione. Ed è proprio su quest’ultimo che si appuntano gli strali della corrente che fa capo a Pippo Civati con un comunicato diffuso ieri dal suo esponente Marco Guglielmo che invoca “trasparenza.” «Dalla illegittima elezione della prima Presidenza (quando Melilli fece eleggere proprio una fidatissima di Di Stefano che non ne aveva i requisiti ndr.), al caos sulle liste per la Città metropolitana, dal disastro politico sulle elezioni provinciali di Frosinone e Latina, all’azzeramento della segreteria a ottobre, il Pd Lazio è stato questo negli ultimi mesi. Polemiche autoreferenziali senza nessuna iniziativa politica.» Guglielmo, già candidato alla segreteria regionale del PD, aveva chiesto che si convocasse con urgenza l’Assemblea regionale. Richiesta apparentemente accolta, ma rinviata a data da destinarsi per permettere al Vicesegretario nazionale Guerini di parteciparvi. Solo che nel frattempo – denuncia Guglielmo- , il vice segretario Guerini, che evidentemente non vuole rogne, ha pensato bene di riunire i “capicorrente” fra i quali spiccava la presenza dell’eurodeputato Enrico Gasbarra e del senatore Bruni Astorre. Vicenda sulla quale Guglielmo ci va giù duro chiedendo retoricamente ma senza peli sulla lingua: «Sarà una riunione di “caminetto” tra qualche ‘capobastone’ a dare nuova vita al Pd Lazio?» Certamente no se non si discute di contenuti e programmi , di «un tesseramento pulito, sugli strumenti di partecipazione per iscritti e elettori» ecc. ecc. Gugliemo si fa così interprete delle posizioni nazionali di Civati sul Jobs act (dove apre alla Cgil) , sullo “sblocca Italia”, sulle riforme costituzionali che dovrebbero essere attuate organizzando dei referendum aperti al popolo delle primarie.
NESSUNA RISPOSTA – Questioni di contenuto e di metodo democratico alle quali Melili non avrebbe dato risposte, giocoforza per il giovane civatiano chiederne le dimissioni con la convocazione di un nuovo Congresso per il Pd Lazio a primarie aperte. La richiesta non pare possa venir facilmente esaudita anche perché le recenti primarie regionali di febbraio, sia pure scarsamente partecipate, hanno proclamato Melilli vincitore con il 60% dei consensi non solo battendo Guglielmo ma la la stessa renziana della prima ora on. Lorenza Bonaccorsi, presidente dell’assemblea regionale che tira le fila della corrente renziana in netta rimonta a Roma e nel Lazio. Senza dimenticare che l’elezione di Melilli fu frutto di un accordo fra i cuperliani di D’Alema e Bersani, i Giovani Turchi, l’area bettiniana e qualche fronda ex Margherita che misero proprio i seguaci di Renzi in in netta minoranza. Eppure si ha l’impressione che da febbraio molta acqua sia corsa sotto i ponti delle politica regionale e capitolina e vada ,sotto sotto, ri-germogliando la fronda a un presidente del Consiglio che non è ancora padrone ‘unico’ del partito di cui è segretario. Rimuovere Melilli potrebbe allora significare ribaltare precari equilibri che non saranno il sale della politica ‘alta’, ma lo sono del potere reale. Ecco cosa fa velo alla “trasparenza”.
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