Pd, il partito liquido elegge i consiglieri alla città metropolitana

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Ma i partiti servono ancora o no? A leggere le dotte dissertazioni di illustri commentatori e politologi sulla crisi del tesseramento Pd, parrebbe proprio di no, non servono più almeno nella loro decrepita esistenza attuale. Opinione diffusa anche fra tutti quei Democratici di fede renziana (ormai quasi tutti) che sotto le bandiere di quel partito ci campano perché eletti, ad esempio, alle due camere ai tempi di Bersani quando qualche tessera in più ancora si faceva. In effetti l’opinione ormai circolante fra i dotti commentatori è che l’Italia si vada allineando con l’Europa (Francia ed Inghilterra ad esempio) dove gli iscritti scompaiono e i partiti si riducono a conventicole autoreferenziali di eletti. Con la prospettiva che per aderire al Pd ultimo baluardo di una concezione politica del secolo scorso non sarà più necessario iscriversi e forse nemmeno votarlo, ma solo pensarlo. Anzi sulla scorta del coro che ormai canta all’unisono le lodi del grande Rottamatore, basterà solo pronunciare il nome di Matteo e immediatamente ti verrà concessa la grazia dell’iscrizione.

LE ELEZIONI – Tornando alle cose di casa nostra, che è poi la mission di questa testata, domenica si sono svolte le cosiddette elezioni per l’assemblea della città metropolitana dove poco meno di 2000 eletti nelle amministrazioni locali della provincia di Roma (cosiddetti grandi elettori) eleggevano, nella generale indifferenza, 24 dei loro. Secondo un meccanismo di pesi calibrati sul numero di abitanti dei vari comuni da far rizzare i capelli in testa ai profani non avvezzi a calcoli raffinatissimi. Il bello di questa pseudo ed autoreferenziale tornata elettorale è che il Pd ha vinto per il semplice motivo che ha più consiglieri in giro per la provincia. Appaiono quindi ingiustificati se non ridicoli, i gridolini di gioia dei suoi esponenti che si davano pacche sulle spalle fra di loro inneggiando alla grande vittoria e alla vitalità immarcescibile del loro partito. Che ”se la cantino e se la sonino” è cosa buona e giusta per un Pd, che grazie a Matteo, solo a Roma ha preso il 41% dei consensi alle europee, ma che raccontino al popolo indifferente la storiella di un partito ‘vivo e vegeto’ fa davvero ghignare. Semmai dovrebbero spiegare al suddetto popolo come mai si sono scannati fra di loro per entrare nelle liste di questa pseudo competizione elettorale di notabili locali, al punto di rimettere in discussione la cadrega del segretario regionale Fabio Melilli da Rieti, per una carica peraltro non remunerata.

ISTITUZIONE VUOTA – Premesso che ad oggi la Città Metropolitana è una scatola vuota di generiche attribuzioni, resta il fatto che nel tempo potrebbe riempirsi di contenuti e di poteri assolutamente appetibili. Di qui la lotta al coltello per accaparrarsi un posto che in futuro darà grandi soddisfazioni. Già Ignazio Marino, detto ormai ‘l’automatico’ avendo preconizzato la sua ineluttabile candidatura alla fine del mandato, gongola e vede tutti in bicicletta da Colleferro a Manziana con relativa pedonalizzazione di centri storici ristrutturati e finanziati da Della Valle e dagli emiri. Lui che sarà a capo di un area di 3,5 milioni di abitanti che potranno condividere l’attuale inefficienza capitolina del trasporto pubblico, il degrado urbano, il caos dei rifiuti anche dove Zingaretti portò la differenziata ecc. ecc. Insomma, i disagi delle grandi periferie romane si salderanno finalmente con quelli delle limitrofe aree comunali. Per il momento ci dovremo accontentare di un sindaco, di un vice e di altri 27 consiglieri della Città Metropolitana. Senza uno straccio di discussione pubblica, di assemblea politica o quant’altro per informare una opinione pubblica che ormai non conosce nemmeno i candidati alle elezioni politiche.

DOVE SONO LE MASSE – A rivitalizzare un morto è riuscito solo a Cristo, i partiti di massa sono morti, e le masse vengono convocate solo al Circo Massimo quando c’è bisogno di fare un po’ di cagnara, ma la verità è che con loro è morta una classe politica che si affida, si accoda, all’immagine del proprio leader. Berlusconi nacque dalla testa di tangentopoli, Renzi e Grillo dalla putrefazione della seconda repubblica in un paese dalla democrazia giovane e fragile come la nostra (non siamo a Parigi o Londra) resta allora il dubbio che la fine dei partiti, delle tessere, della militanza aprano spazi a nuove forme di democrazia non partecipata. Ma quali? Le primarie, ad esempio,  dove il primo che passa esprime una preferenza al leader? La rete dove 100 click bastano a candidare un deputato? Oppure anzichè quello degli iscritti si calcolerà il numero degli amici su facebook o dei followers su twitter? Per quanto ci riguarda, parafrasando Woody Allen, le ideologie sono morte, i partiti sono morti, il pd vecchio stile è morto e anche noi non ci sentiamo molto bene.

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