Il tribunale di Ostia dopo tredici anni di lavoro su un territorio di 250mila persone, importante presidio in una zona dove è stata accertata l'infiltrazione da parte della criminalità organizzata, ha chiuso i battenti venerdì scorso. Il provvedimento che rientra nella legge del ministro Cancellieri comporta il trasferimento degli atti e dei processi dalla sede di via dei Fabbri Navali al tribunale di Roma. Solo l'ufficio del giudice di pace dovrebbe salvarsi.
Per questo gli avvocati che operavano presso la sezione di Ostia stanno dando vita da cinque giorni a uno sciopero della fame contro quella che è stata definita una chiusura «insensata e immotivata» e ieri hanno scritto una lettera ai presidenti delle Commissioni Giustizia di Senato e Camera. Oltre alle proteste però, ormai a trasferimento in corso, ci sono anche le preoccupazioni di operatori e utenti. I cittadini e gli stessi avvocati temono che molti scatoloni con all'interno le loro cause possano perdersi. Ma soprattutto saranno ora molto più lunghi i tempi per le gestione delle azioni legali e per la risoluzione dei processi.
Non sono poi mancati i disagi anche per i cittadini e gli avvocati provenienti da altre regioni, sorpresi dal trasferimento che ha bloccato il deposito di atti e lo svolgimento delle udienze, rinviando il tutto a nuova data. In tutto questo il Comune non ha potuto opporsi alla decisione che coinvolge decine di sedi considerate "minori" in tutta Italia. A sostegno del tribunale si sono schierati anche consiglieri comunali, imprenditori locali, comitati di quartiere e lo stesso presidente del municipio. Ma a nulla è valsa finora la mobilitazione del territorio, e il tribunale di Ostia sembra definitivamente avviato alla chiusura.
Questa è la storia di Ostia, un tribunale periferico che sopportava la mole di lavoro di un medio capoluogo di provincia. Una riforma necessaria per risparmiare, ma al tempo stesso un trauma per il territorio. E voi cosa ne pensate? Diteci la vostra su cinquequotidiano.it.