Il progetto per la discarica di Falcognana nasce nei primi anni 2000 quando la ECOFER comincia a perimetrale l'area della Ardeatina per accogliere quella che doveva essere la più grande discarica d'Europa di fluff, residui della rottamazioni di automobili: tessuti di sedili, parti in plastica e di cablaggi elettrici che l'industria del riciclo dei metalli non riesce a recuperare a causa degli alti costi. Materiali altamente tossici che oggi vengono sversati (teoricamente) in tre cave dal volume ben superiore rispetto ai materiali che attualmente vi confluiscono.
La zona era già da tempo immemorabile all'attenzione degli industriali del settore monnezza, tanto che alcuni decenni fa (forse anni ‘60) ci fece un pensierino anche la Colari dell'avvocato Cerroni che avviò dei sopralluoghi per giudicarne l'idoneità ed allocarvi la discarica che successivamente fu collocata a Rocca Cencia. Sempre agli inizi del 2000 la Ecofer ottiene il placet della Regione allora governata da Storace e dal suo assessore Verzaschi. Ma non finisce qui perché i ricorsi al Tar bloccano tutto sino al 2010 quando finalmente alla Ecofer vengono concessi tre lotti per di 2,2 milioni di metri cubi. Si chiude così una vicenda che vide anche la mobilitazione di comitati e cittadini e portò alla ribalta Patrizia Prestipino allora presidente di quel municipio.
Oggi la situazione societaria della Ecofer, come già riportato dalla stampa, è piuttosto complessa (a dir poco) perché l’1% è controllato dall’imprenditore Valerio Fiori, il 60% Aria srl, a sua volta controllata dalla Sofir al 95%, mentre il restante 39% della Ecofer è nelle mani di un’altra società fiduciaria, la Cordusio. A seguito delle perplessità suscitate da tale assetto societario con un comunicato di metà agosto la società chiariva che «l’uso delle fiduciarie è dovuto a ragioni di sicurezza per tutelare gli azionisti dalle minacce della camorra, ben note al ministero dell’Interno.
Le fiduciarie fanno capo a imprenditori che da molti anni sono attivi nel settore». Voci e illazioni stampa, ma niente di certo sulla identità di questi "imprenditori che da molti anni sono attivi nel settore". Intanto a fine luglio, la Ecofer Ambiente comunicava di essere stata informata dal commissario all’emergenza rifiuti Goffredo Sottile «dell’intenzione di utilizzare l’impianto (di Falcognana) come sito di smaltimento dei rifiuti trattati del comune di Roma» ma si diceva contraria all’ipotesi di utilizzare il suo impianto perché «questo assicura lo smaltimento dei residui non riciclabili dei rottami metallici di tutto il Lazio senza il quale si ritornerebbe, come 10 anni fa agli sfasciacarrozze».
E aggiungeva che l’impianto è parte integrante di un processo industriale che non può essere interrotto. Senza contare che «la società ha dimostrato l’impossibilità tecnica e materiale di fare del sito la discarica di Roma sia per dimensioni che per l’impianto esistente» affermando di essere pronta a «ogni azione a tutela dell’impresa e del territorio». Obiezioni di principio e di sostanza evidentemente risolte in queste ultime settimane se ormai appare certo che proprio li, al Divino Amore verranno sversati rifiuti trattati, ma pur sempre rifiuti, accanto al fluff che certamente non verrà portato altrove. Insomma un affare di milioni che i "ben noti industriali del settore" intendono accaparrarsi rapidamente. Tanto "noti" da non escludere che coperto dalle fiduciarie possa esservi anche l'avvocato Cerroni. A volte ritornano, anzi, quando si tratta dei rifiuti di Roma lui, l'avvocato, torna sempre e poi il posto già lo conosce.
Giuliano Longo