In una delle arene più sanguinose della storia, nel ventre del Colosseo, ieri mattina i lavoratori della Sovrintendenza speciale ai Beni culturali di Roma, supportati da Cgil, Cisl, Uil, Flp e Unsa del Mibac, sono scesi in campo per protestare contro il mancato pagamento del salario, la riduzione drastica del personale e il precariato che affligge, ormai da mesi, centinaia di lavoratori.
Un'assemblea, quella degli “addetti ai lavori”, trasformatasi in una protesta durata alcune ore e che ha causato la chiusura “per sciopero” del Colosseo, ma anche di Palazzo Massimo, delle Terme di Diocleziano e di Caracalla che solo nella tarda mattinata hanno assistito ad una lenta riapertura dei cancelli. «I lavoratori si scusano con cittadini, turisti e operatori dell'indotto per il disagio arrecato dalla chiusura del Colosseo, ma la protesta ha come obiettivo quello di evitare che per il resto dell'anno troviate chiusi i nostri musei e le nostre aree archeologiche la domenica e nei giorni festivi» recava scritto il volantino preparato dai sindacati in occasione dell'assemblea dei dipendenti.
«Il contratto del personale di vigilanza – ha spiegato Taschini, segretario regionale Uilpa dei Beni Culturali – prevede l'obbligatorietà di svolgere un terzo dei turni festivi all'anno e questo naturalmente, stante la carenza del personale, non basta assolutamente a garantire la tutela dei musei». Fiorella Puglia, sindacalista della Funzione pubblica Ggil di Roma e Lazio ha proposto al ministro Bray una «seria politica occupazionale, che interrompa il costume del lavoro mascherato, che utilizza finti volontari consulenti e stagisti», mentre Roberto Fasoli di funzione Pubblica Cgil, coordinatore regionale beni culturali Lazio, ha denunciato i fortissimi tagli dell'organico attuati dal ministero che, dal 2004 a oggi, ha ridotto le unità da 25 mila a meno di 19mila.
Denunciano, dunque, una situazione al collasso, una realtà insostenibile che sottopone a 11 ore di fatica al giorno, spesso sette giorni su sette, i dipendenti che, tra l'altro, da nove mesi percepiscono il 25% in meno del salario. La cultura reclama fondi, avoca un aiuto economico «dal momento che le soprintendenze, le biblioteche, gli archivi non hanno più soldi nemmeno per pagare le bollette, comprare la carta, provvedere alle pulizie» come spiega Valentina Di Stefano della Cisl. «Lo sciopero di ieri è il sintomo del malessere che aleggia sul Ministero dei Beni Culturali – dichiara Rosario Sprovieri, segretario Cisl beni culturali Lazio. I lavoratori sono troppo pochi per fronteggiare ogni giorno l'afflusso di migliaia di turisti. Molti aspettano ancora gli stipendi arretrati e il compenso per i progetti realizzati».
Sull'assemblea- sciopero di ieri interviene anche Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale del Codici, il quale annuncia una segnalazione all'Autorità di Garanzia per gli scioperi al fine di denunciare la gravità della situazione e chiede un intervento del neo eletto sindaco Marino.
Intanto, per il prossimo 24 giugno è stata indetta un'assemblea in tutte le biblioteche d'Italia e, a Roma, alla Biblioteca nazionale centrale. La Segreteria Nazionale UILPA-BAC, in un comunicato emanato nel promeriggio di ieri, ha dichiarato che, a conclusione della riunione straordinaria tra l’Amministrazione e gli organi sindacali, è emersa la disponibilità del ministro Bray a incontrare le rappresentanze sindacali a breve, occasione nella quale darà risposte concrete alla domande finora avanzate. Riguardo al superamento di 1/3 dei festivi annui, non sono, al momento, emerse novità e pertanto l’apertura dei siti nei festivi è assolutamente a rischio.
Mentre la protesta dei sindacati echeggiava nell'anfiteatro flavio, all'esterno, centinaia di turisti, ventagli in mano, cappellino in testa, attendevano pazienti di vedere schiudersi i cancelli. Sarà apparso uno scherzo di cattivo gusto o il sintomo della solita disorganizzazione all'italiana, ma sta di fatto che la mattinata di ieri, per questi numerosi stranieri in fila dalle prime ore del mattino davanti al Colosseo in una calda giornata da bollino rosso, non è stata certo un'esperienza da ricordare.
Samantha De Martin