Zingaretti apre ai centristi. E l’Udc scarica Marchini

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Se c’è un termine che meglio definisce la situazione politica a Roma e nel Lazio, è “fluidità” mentre incalza l’eventualità di elezioni anticipate. Ieri ad esempio Nicola Zingaretti apriva a Riccardi e Montezemolo con la seguente dichiarazione: «Siamo apertissimi al confronto culturale e programmatico, anche con tutte quelle forze associative, civiche e politiche che vogliano dare vita alla lista civica per l’Italia».

Una pennellata bianca sulla sua coalizione “rosso antico” per «costruire un dialogo programmatico e all’insegna dell'innovazione totale, rispetto a quanto è avvenuto finora in questa regione».

Ma se Zingaretti aggiunge un posto a tavola pare che i centristi dell’Udc a Roma non vogliano dividere il desco con il costruttore Alfio Marchini. Ieri Pier Ferdinando Casini dichiarava infatti che il costruttore «non è certo il nostro candidato, è un candidato indipendente». Salvo poi candidare il suo capogruppo Alessandro Onorato. «Onorato sarebbe perfettamente in grado di fare il sindaco di Roma – ha detto. Se vogliamo parlare di giovani lui è una risorsa perchè ha dimostrato di essere intelligente e capace. Se vogliamo rottamare gli anziani lui è un giovane».

Eppure il suocero Caltagirone, l’Unione Industriali, il Messaggero, il Corriere della Sera e addirittura Rai 3 con Lucia Annunziata si sono pesantemente spesi per lanciare il giovane Marchini. Nella Roma moderata dei poteri forti qualcosa bolle in pentola sotto gli occhi vigili delle gerarchie d’Oltre Tevere tanto che si vanno diffondendo singolari fumi di incenso e calcestruzzo.

Qualcuno dice che Bersani intenderebbe imporre il cattolico Paolo Gentiloni, ben visto dal gruppo Repubblica Espresso di De Benedetti (che nonostante il nome, cattolico non è). Con la differenza che mentre Riccardi, proiettato verso altre magnifiche e progressive sorti, le primarie non le avrebbe mai fatte, Paolo le farebbe con grande umiltà. Un volto certamente non nuovo alla politica quello dell’ex ministro alle Comunicazioni, ma che ha sostenuto apertamente Renzi al quale Bersani deve pur cominciare a concedere qualcosa in nome del rinnovamento.

Su Marchini invece potrebbe metterci qualche parolina D’Alema con un pezzo del Pd che sarebbe anche disponibile a far crollare il tabù delle affollate primarie capitoline. Solo che la vittoria di Bersani a Roma ha ben poco di “moderato” anche se un accordo con gerarchie e poteri forti va pur trovato prima del voto. L’ha fatto pure Pisapia a Milano che sull'Expo e le grandi opere ha dovuto cedere. L'unico rischio sta nella pericolosa miscela fra la deriva populista dell’antipolitica ed i bizzarri umori di certa sinistra romana che nel 2008 pesò sulla sconfitta di Rutelli.

Giuliano Longo

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