Il piano industriale 2011/2015 di Atac viene reso finalmente noto dopo quasi sei mesi dalla stesura di quello, mai reso pubblico, dell'ex AD Basile. Meglio tardi che mai. Tuttavia critiche e commenti si sono focalizzati sul dato più eclatante e cioè l'aumento delle tariffe a 1.50 euro per biglietto semplice. Eppure il piano oltre a prevedere una sacrosanta lotta all'evasione parla anche di ammodernamento della flotta, riorganizzazione, ristrutturazione dell'azienda, ottimizzazione dei servizi e fa riferimento anche agli investimenti. Infatti se l'aumento tariffario porterà nelle casse dell'Atac 35 milioni euro/anno (122 milioni di euro nell’arco di validità del Piano), secondo la dirigenza Atac si dovrebbe anche alimentare un piano di investimenti per incrementare i mezzi di superficie, rifare 11 stazioni della metropolitana, potenziare la sicurezza ecc.
Tutto con 35 milioni di euro in più. Singolare certezza se si considerano le dichiarazioni dell'assessore Lamanda che giovedì parlava di una situazione completamente fuori controllo per le perdite accumulate negli anni. «La vera storia delle perdite di Atac – diceva Lamanda – è negli oltre 3 miliardi e 400 milioni di euro accumulati tra il 1990 e il 2002 quando il Comune di Roma faceva fronte alle perdite societarie indebitandosi con le banche». Tutta colpa delle amministrazioni di sinistra se oggi i cittadini romani pagano il debito di tasca propria con oltre 200 mln di euro all’anno, da versare alle casse dello Stato per il finanziamento della gestione commissariale. Bel ringraziamento al PD che pure ha voluto generosamente e responsabilmente concorrere al risanamento dell'azienda proprio in questi mesi, previa spartizione dei posti ai vertici dell'Atac. Ma c'è di peggio, come spiega l'assessore. Infatti dal 2002 è vietato il ricorso all’indebitamento per il ripianamento delle perdite, così dal 2007 si sono cumulati altri 800 milioni di oneri con un ritmo di oltre 100 all’anno, che guarda caso solo negli ultimi tre anni l'Amministrazione Alemanno ha contenuto.