Questa mattina nella Sala del Tempio di Adriano ( Piazza di Pietra) è stato presentato il rapporto sulle nuove povertà condotto dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alla Camera di Commercio di Roma all’interno di un progetto elaborato assieme al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. In collaborazione con il portale internet romacheverra.it abbiamo intervistato Augusto D’Angelo, professore di storia contemporanea, tra i curatori del rapporto. “E’ una stagione in cui la povertà fa paura, si teme di esserne tutti contagiati. In questo momento di crisi generale abbiamo pensato fosse giusto analizzare il fenomeno a 360°a Roma e nel Lazio”. Augusto D’Angelo è nell’equipe delle 20 persone che, coadiuvate dagli operatori delle strutture della Comunità, ha stilato il rapporto che permette di descrivere come è cambiato il fenomeno della povertà nella capitale. L’analisi è partita proprio dall’esperienza quotidiana di Sant’Egidio per intrecciarsi con i dati elaborati da altre agenzie statistiche. Il dato eclatante è che sono ben 100.000 mila sono i “nuovi” poveri censiti.
Ci pare che una delle spie più indicative della povertà sia proprio la casa.
Le case a Roma costano molto, sia in vendita sia in affitto, per questo abbiamo registrato un esodo verso il circondario che si gonfia di abitanti, ma non di servizi. Le donne incinta vanno a partorire in città mentre gli anziani vanno a farsi assistere fuori città. C’è un’evidenza: non si nasce dove si vive e non si muore dove si è vissuto. Venendo ai numeri c’è un record degli sfratti: una famiglia su 191 vede pendere la minaccia dello sfratto, mentre. 29.302 famiglie sono in attesa di un alloggio di edilizia residenziale pubblica. Collegato a questa situazione è il dato per cui il 12,2% dei cittadini è in sofferenza bancaria, mentre il dato nazionale è del 2,8%. Le case pignorate in città risultano aumentate del 18%. A ciò si aggiunga che sono 6 mila le persone senza fissa dimora sul territorio cittadino, di queste 2300 si ritrovano ogni notte a dormire in strada o in rifugi di fortuna. Ogni notte i senzatetto che trovano riparo in strutture parrocchiali, religiose e di associazioni di volontariato sono 1500, mentre sono 1.200 sono le persone ospiti nei centri convenzionati con il Comune di Roma.
Si diversifica quindi la figura del “senza fissa dimora”: c’è chi sta per strada, chi vive sotto sfratto, chi ha perso l’alloggio e chi vive in strutture di accoglienza. Ma c’è anche chi una casa la ha, ma non può permettersi di mangiare: gli anziani.
Nelle nostre mense è aumentato il numero degli anziani che vengono e che non riescono a permettersi un pasto regolare. Roma è una città che invecchia. Gli ultra 65enni sono il 19,7% della popolazione, presto arriveranno ad essere un terzo.
Oltre agli anziani, nelle mense e nelle strutture di accoglienza aumenta anche il numero dei detenuti.
Nella fascia di popolazione in povertà estrema ci sono anche i detenuti.
Anziani, detenuti , tra i nuovi poveri emergono però anche i giovani.
Il tasso di attività tra i 15 e i 24 anni a Roma nel 2009 è fermo al 29,5%, poco superiore alla media nazionale del 29,1%, ma molto al di sotto di quello del nord 34,6%. C’è una profonda difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro e spesso anche a completare gli studi, non solo quelli universitari , molti lasciano anche gli studi superiori.
E gli immigrati?
La natalità dei romani è sostenuta dagli immigrati, ma anche l’imprenditoria straniera nell’area romana è cresciuta tra il 20008 e il 2009 del 7,7% mentre quella italiana solo dello 0,8%. Gli immigrati hanno un approccio positivo : investono, comprano, sono la risposta positiva alla crisi.
Sorprese anche dai rom?
I numeri che abbiamo a nostra disposizione dimostrano che le presenze dei rom in città in realtà sono contenute e soprattutto che la maggior parte di loro presenta richieste concrete di integrazione attraverso lavoro, scuola e casa. Inoltre metà dei rom e sinti sono italiani, ma molti di loro pur essendo cresciuti qui non hanno la nazionalità. Non è un caso che il capitolo della ricerca a loro dedicato sia intitolato “Rom e sinti, oltre i luoghi comuni”.
Un altro capitolo interessante riguarda le modalità con cui i “nuovi poveri” tentano di difendersi dalla crisi.
Tra i comportamenti difensivi c’è sicuramente la riduzione delle spese superflue, ma anche di quelle alimentari e soprattutto di quelle culturali con tutte le conseguenze che ne derivano. Ma il dato che più preoccupa è che nel 2008 il 32% dei cittadini del Lazio dichiarava di non poter sostenere una spesa imprevista di 750 euro, mentre nel 2009 era il 38,8%, la media nazionale è del 33,3%. Cresce quindi la paura dei romani di non essere in grado di gestire un improvviso problema sanitario proprio o dei propri cari.
A fronte di tutto questo, come rispondono le istituzioni per gestire la nuova povertà dilagante e queste diffuse paure di non farcela.
Purtroppo vediamo intervenire sempre nell’emergenza e non nella progettualità. Ad esempio nei mesi freddi si spendono opportunamente molti soldi pubblici per intervenire, ma non si parte da qui per realizzare operazioni di effettivo recupero per evitare che ci siano così tante persone che soffrono il freddo. Si riparte sempre da zero.
Quale è quindi l’obiettivo del vostro rapporto?
Il nostro sforzo di indagine serve a dare chi si occupa di comunicazione e chi ha poteri decisionali le informazioni utili per inquadrare i problemi e andare oltre i luoghi comuni.
Nei prossimi giorni la ricerca sarà disponibile nelle librerie.
Valeria Scafetta