Fra un insulto e l'altro a Pisapia e promesse last minute, prosegue lo spassoso avanspettacolo del duo B&B (Berlusconi e Bossi) in vista dell'angosciante (per loro) ballottaggio di Milano. La gag più esilarante è stata quella del Senatur che venerdì scorso si è esibito in un numero da circo. Forte infatti del vasto consenso di pubblico e di critica (9% dei voti) conseguito all'ombra della madunina, ha promesso di decentrare alcuni ministeri a Milano e intervenire sulla pressione fiscale. Sono «tutte e due cose possibili» ha detto facendo spellare le mani dagli applausi agli sganascianti Belpietro, Sallusti e Santanchè accasciati, pancia in mano, sulle poltrone di prima fila.
Alla fine mentre il sipario calava sul duo, che nel frattempo si esibiva in uno sgambettante balletto, Umberto, dopo quella di Silvio sulla mela, tirava fuori la migliore del suo repertorio: «Il decentramento non è cosa da poco, è dovuta arrivare la Lega a realizzare i sogni». Sembrava il remake del film di Totò quando il grande comico partenopeo tentava di vendere la Fontana di Trevi agli americani mentre invece qui e oggi, è tutto gratis. Ad aggravare i già precari equilibri elettorali della destra milanese interveniva il sindaco di Roma Gianni Alemanno il quale si metteva a strillare: «Sono pure balle», spiegando di aver ricevuto garanzie assolute sulla permanenza delle sedi nella capitale dal premier, dai capigruppo Pdl e dal Governo. Minacciando ridicole rappresaglie contro la combriccola del Pdl che Gianni Alemanno nemmeno se lo fila. Anzi, appena nominato Alemanno dalle agenzie di stampa, il duo B&B pare si sia furtivamente affannato in scaramantiche "toccatine" con le mani in tasca, dopo aver dato una sbirciatina ai più recenti sondaggi che vedono il consenso del sindaco della Capitale in picchiata. Non solo, secondo molti operatori di Piazza affari, la visita di Gianni la scorsa settimana a Milano, sarebbe stata la causa scatenante dell'annunciato taglio di S&P sul rating italiano.
Nel frattempo il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, a sostegno del suo degno compare Pisapia, sobillava centri sociali, immigrati e rom, che sono ormai con i froci lo zoccolo duro di quel 30% di elettorato comunista, e invitava i cittadini romani e milanesi a non farsi prendere in giro su questo progetto di spostare i ministeri dalla Capitale. Progetto «irragionevole e antieconomico che aumenterebbe le trafile burocratiche che debbono sopportare i cittadini italiani». Vox clamans in deserto, perchè ormai B&B, scatenati, si palleggiavano l'un l'altro il globo terrestre, come nel film di Chaplin. Ebbri ed eccitati dal gioco, nonostante ai milanesi non gliene freghi niente dei ministeri che romperebbero solo le balle, B&B decidevano di trasferire a Milano, oltre alla Consob, metà della Rai, l'Unire per le razze equine, già governata dell'attuale re della monnezza romana Panzironi, l'Ambra Jovinelli tempio una volta del varietà e l'hub di Fiumicino questa volta a Linate, nonché alcuni ministeri fantasma fra i quali quelli della Gioventù, della Cultura e dell'Ambiente. Ma soprattutto, e qui sta davvero il colpo grosso, quello dell'Economia per avvicinare Giulietto (Tremonti) alla sua adorata Valtellina. Il trasloco dovrà avvenire entro la prossima settimana a spese di Mediaset e a reti Tv unificate, mentre immediatamente, entro la cinta daziaria milanese, verrà istituita un'area franca duty free shop ed abolite, oltre all'ecopass e le strisce blu, anche tutte le multe, la tassa sui cani, quella sui rifiuti e quella di occupazione di suolo pubblico. Così da domani le macchine potranno parcheggiare oltre che sui marciapiedi, sul sagrato del Duomo, nei parchi pubblici, nei cortili del Castello e di Brera. Nella Milano Bengodi di Letizia, «sarà sempre Natale e festa tutto l'anno», come suona la canzone di Dalla e finalmente, con l'Expo, diverrà la Las Vegas d'Europa. Meta favorita di tutti i "sola" presenti e futuri.
Giuliano Longo