Sono Roma e Latina le due città nel Lazio con il più alto numero di lavoratori irregolari, extracomunitari e sotto caporalato. A Roma sono impiegati soprattutto nel settore edile. La denuncia arriva dalla Fillea, Cgil e Flai in occasione della manifestazione Stopcapolalato e fa emergere la gravità di questo tipo di reato che, solo nel solo settore edile, conta in Italia circa 400 mila casi. Sono cinquemila le persone che, ogni mattina, si ritrovano davanti agli smorzi romani per essere ingaggiati a giornata. In prevalenza albanesi, rumeni, ucraini ma sempre di più sono anche italiani.
La Fillea ha censito circa 40 grandi smorzi dove, come sottolinea il segretario regionale Roberto Cellini, «ogni giorno circa 100 persone ci si ritrovano davanti per essere arruolati per una giornata di lavoro che va dalle 8-10 ore retribuita tra i 20 e i 50 euro». Una tratta di disperati su cui affondano gli artigli imprese, caporali e criminalità organizzata che possono contare su blande sanzioni amministrative visto che per questo tipo di illeciti non è stato ancora introdotto il reato giudiziario e penale.
Sui dati diffusi dalla Cgil, che evidenziano casi drammatici anche nel settore agricolo, è intervenuto il consigliere del Partito Democratico alla Regione Lazio, Enzo Foschi: «E' opportuno che la Regione Lazio – ha detto – si interroghi su cosa può fare per contrastare il caporalato e il lavoro nero. Bisognerebbe bandire dalle aziende a cui vengono commissionati lavori, quelle che non hanno regolarizzato i propri dipendenti. Così come occorre fare attenzione nel bandire le gare d'appalto, spesso così al ribasso da contribuire a far sì che le ditte concorrenti schiaccino il costo del lavoro. Occorre essere al fianco delle associazioni di imprese, soprattutto dell'edilizia e dell'agroalimentare introducendo, ad esempio, forme di controllo e strumenti di certificazione etica del lavoro, per espellere dai propri sistemi di filiera quei soggetti che dovessero violarli. Solo così – conclude Foschi – può aprirsi una stagione di diritti e dignità»