Messaggini telefonici agli aguzzini dopo aver consumato ogni rapporto sessuale e la dimostrazione di aver guadagnato almeno 500 euro per poter prendere una pausa di dieci minuti e poter mangiare erano le leggi che le ragazze costrette a prostituirsi dovevano rispettare per non far "arrabbiare" il padrone. L\’incubo è finito quando ieri notte la squadra mobile di Roma e la polizia municipale hanno sgominato la organizzazione romena che le sfruttava in strada. Durante l\’operazione chiamata "Grande Capo", gli agenti hanno scoperto che la rete criminale che agiva nella Capitale almeno da gennaio era efficiente e ben strutturata: prelevava le ragazze dalle città di Bacau e Craiova, a est e a sud della Romania organizzando un viaggio che le portava direttamente sulle strade romane, in via Laurentina e Ardeatina subito dopo il Grande Raccordo Anulare, per l\’esattezza, dove la banda aveva monopolizzato quei tratti di strada estromettendo giri di prostituzione di altre nazionalità e affittando i bordi delle vie solo a sfruttatori romeni. I componenti dell\’organizzazione sono 11 uomini di età compresa tra i 28 e 41anni capeggiati da un romeno detto Barosanul classe 1974 e 4 donne tra i 29 e i 40 anni, di cui una è risultata essere il braccio destro del "boss", particolarmente temuta dalle ragazze. Al termine dell\’indagine sono scattati 5 arresti in custodia cautelare e 6 fermi di polizia, per gli altri arrestati si attende ancora la decisione dell\’autorità giudiziaria.
Le ragazze liberate dalla rete di sfruttamento sono 20, 3 minorenni, le altre 25enni, costrette a prostituirsi sotto un serrato controllo da parte dei loro aguzzini. Le ragazze, infatti, dovevano rispettare delle regole dure e schiavizzanti che non concedevano pause o autonomia durante le ore di lavoro e subivano una sorveglianza continua. Subivano intimidazioni e ricatti psicologici dai loro sfruttatori anche fuori dall\’orario di lavoro, quando venivano rinchiuse nelle stesse case dove vivevano i componenti della banda, villette in zone isolate di Lanuvio, Nettuno, Ardea, Pomezia e Velletri. Ogni uomo infatti gestiva la vita di massimo due ragazze con le quali condivideva gli spazi domestici e in alcuni casi si fidanzava. Chi delle ragazze accettava di avere una relazione con il proprio sfruttatore poteva sperare di avere condizioni di vita più agevolate. Trasportate in questura, ora le donne saranno interrogate per acquisire nuovi dati che possano incriminare l\’associazione criminale e aiutate dai centri anti violenza presenti nel territorio.
Elena Amadori