Si chiama Dast (documento di autorizzazione allo stanziamento) il nuovo documento che dal mese di marzo il Campidoglio sta distribuendo a tutti i nomadi residenti nei campi regolari. Un provvedimento che rientra in quel piano di censimento della popolazione nomade voluto dall’amministrazione capitolina e dall’assessore alle politiche sociali, Sveva Belviso. Una scelta politica che ha però da subito creato i presupposti per un acceso dibattito. Tra le diverse realtà presenti nella capitale, l’attenzione si è fermata sul campo nomai di via dei Gordiani, a poche centinaia di metri da via Prenestina. La maggioranza politica del Municipio VI, attraverso l’assessore alle politiche sociali, Tonino Vannisanti, ha voluto esprimere tutte le perplessità rinunciando a presenziare alla consegna ufficiale del Dast. Una forte presa di posizione che, come spiegato da Vannisanti, è la conseguenza del mancato coinvolgimento delle istituzioni municipali «nella possibilità di poter concertare la riorganizzazione del campo che ha portato ad un aumento del numero di persone e ad un sistema di custodia inefficace». Uno dei punti centrali della discussione riguarda i criteri prescelti con cui assegnare il Dast nei casi in cui vi siano precedenti penali. «Viene lecito chiedersi quali sono i reati che non permettono il rilascio del documento», dice Vannisanti, che si domanda anche «quali provvedimenti verranno assunti dalle autorità competenti nei confronti di tutti quei rom che non hanno beneficiato del Dast». Un tema, quello della sicurezza, che di rimando porta, inevitabilmente, a fare delle considerazioni sulle politiche finora volute ed applicate dalla maggioranza politica in Campidoglio. Il rischio è quello di creare i presupposti per una sorta di “amnistia” generale. Pena, la credibilità di tutti quei residenti nei campi regolari costretti in futuro a pagare dazio per colpe e responsabilità che non sono attribuibili a loro. Dai banchi dell’opposizione a parlare è il Consigliere Guido Verdecchia: «Con il Dast finisce l’era del buonismo utile solo a quei nomadi che pretendevano diritti senza riconoscere doveri. Chi di loro vuole vivere a Roma deve rispettare la legge e pagare di tasca propria le spese del campo. E il Dast è lo strumento che lo permette. Sapremo chi sono i buoni e chi i cattivi, e per questi ultimi tolleranza zero. Spero che il Municipio VI», conclude l’esponente del Pdl, «non resti soltanto a guardare, ma collabori con la giunta Alemanno su una questione così sentita dai cittadini». La questione sicurezza non è la sola ad essere sul banco degli imputati. Alessandro, portavoce del campo nomadi di via dei Gordiani, si dice perplesso sulle conseguenze che avrà la consegna del Dast in termini di integrazione, soprattutto sul posto di lavoro. «Il documento i questione non è altro che un patentino di riconoscimento d’entrata e di uscita dal campo. Una volta fuori dal campo, non ha alcuna valenza, se non attestare la residenza nel campo che gli è stato assegnato». I provvedimenti e le politiche da attuare per il portavoce della comunità rom dovrebbero portare ad una maggiore responsabilizzazione dei cittadini nomadi. A partire dalla possibilità di avere degli alloggi fissi, come già accade in molte città del Nord, come Bergamo e Milano, «in cui ciascuno di noi possa regolarmente pagare le utenze domestiche». Una strada percorribile, ha spiegato Alessandro, potrebbe essere quella che porta «all’affidamento della gestione di tutti i servizi presenti nel campo alla comunità che lo abita». Un’occasione per dare anche nuove opportunità di lavoro e disincentivare la strada della delinquenza. L’occasione per cercare di far avvicinare le due parti i causa, amministrazione locale e centrale, viene proprio dalla comunità rom del campo di via dei Gordiani che chiede apertamente un incontro con il sindaco e il Prefetto per trovare un terreno comune su cui ripartire.
Mauro Battiston