Erano farmaci che avevano solo effetti collaterali, senza alcuna possibilità di benefici, e che una volta in commercio avrrebbero potuto essere scambiati tranquillamente con quelli reali. La differenza, infatti, tra le pillole originali e quelle contraffatte era veramente impercettibile a occhio nudo. Ma la truffa non è sfuggita agli uomini dalla Guardia di finanza e quelli del servizio antifrode merci della Dogana dell’aeroporto di Fiumicino, che sono stati in grado di riconoscere le 240mila compresse, copie di un farmaco contro l’angina pectoris, patologia cardiaca, contenute in una spedizione proveniente dall’India. All’interno degli scatoloni c’erano migliaia di blister di medicinali. Gli agenti della finanza e quelli dell’Agenzia delle Dogane, a seguito di ulteriori accertamenti, si sono resi conto che erano tutti contraffatti e che sarebbero potuti finire nelle mani dei cardiopatici. A collaborare con gli inquirenti, anche i tecnici che lavorano per l’azienda titolare del brevetto farmaceutico. Secondo quanto ricostruito, i falsi medicinali, invece di guarire le malattie, avrebbero portato a un peggioramento delle condizioni di salute degli assuntori. Infatti il principio attivo, la trimetazidina, era presente nelle compresse in quantità inferiore al farmaco originale e il suo rilascio sarebbe avvenuto secondo tempistiche e modalità diverse, visto che nel farmaco contraffatto mancava un polimero destinato a rallentare e rendere costante nel tempo l’assorbimento del principio attivo. Nei finti medicinali, inoltre, erano presenti impurità superiori “di gran lunga” al limite consentito dalla legge. In totale, le compresse sequestrate avrebbero fruttato un affare di oltre 200 mila euro, soldi che sarebbero stati presi dalle tasche di ignari cardiopatici.
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