Roma, assolti medici che non diagnosticarono cancro

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Franco Di Filippo, senologo dell’Ifo;
Domingo Girardi e Luigi Bortolotti, radiologi dell’Aster
Diagnostica di Mostacciano, i medici che visitarono Maria
Arcidiacono, morta il 6 marzo 2012 per un carcinoma mammario
all’inizio scambiato per fibroadenoma, sono stati “assolti
perche’ il fatto non sussiste” come spiegano le motivazioni della
sentenza uscite a settembre perche’ “gli elementi acquisiti non
consentono di affermare aldila’ di ogni ragionevole dubbio che
una diagnosi ancor piu’ tempestiva avrebbe condotto ad un epilogo
diverso”. Maria infatti muore a 30 anni, dopo 24 mesi di cure e
chirurgia, e dopo aver aspettato quasi sei mesi per arrivare dal
giorno della scoperta del nodulo, avvenuta a fine marzo 2010,
alla diagnosi corretta, (carcinoma triplo negativo) che avvenne
ad agosto 2010 in altra struttura sanitaria.
Del caso la redazione DireDonne si era occupata, intervistando
il padre di Maria, Paolo Arcidiacono e ripercorrendo quei mesi
che, da aprile fino a giugno 2010, portano la ragazza, giovane
ingegnere in carriera, tra ecografie e due visite specialistiche
perche’ “Maria, aveva scoperto da sola il nodulo ed era molto
preoccupata”.
“Un’immagine nodulare riferibile verosimilmente a
fibroadenoma” stabilisce l’ecografia del 2 aprile eseguita dal
Girardi che “consiglia, ma non scrive nel referto di andare da un
senologo”. La visita con il senologo dell’Ifo, il 21 aprile,
“conferma la diagnosi di fibroadenoma e si conclude con la
prescrizione di Ananase”, un blando antinfimmatorio. Il nodulo
era mobile e tutto faceva propendere per la natura benigna”
riferisce il senologo. Il nodulo di Maria aumenta e una nuova
ecografia del 14 giugno, sempre nello studio Aster Diagnostica di
Roma, questa volta eseguita dal Bortolotti, rileva “netto aumento
volumetrico e assenza di vascolarizzazioni di chiaro significato
patologico, sottolineando l’opportunita’ di altri accertamenti”.
Un’altra visita a giugno, sempre con Di Filippo, si conclude,
dopo le insistenze di Maria, con indicazione dei codici per un
agoaspirato “…se proprio mamma e figlia volevano stare piu’
tranquille”. Esame che Maria non riesce a fare per il troppo
dolore, mentre Di Filippo la rimanda a settembre per una nuova
ecografia. Ma ad agosto, all’ospedale Cannizzaro di Catania, dove
la giovane si trova per le vacanze estive, Maria riceve la
diagnosi di carcinoma infiltrante triplo negativo.
I consulenti del pm hanno escluso che “una diagnosi piu’
tempestiva avrebbe potuto offrire maggiore chances di
sopravvivenza a Maria. Il tumore di Maria aveva un’inusuale
drammatica capacita’ proliferativa” si legge sempre in sentenza.
Tra i consulenti Riccardo Masetti, direttore del centro di
senologia del Policlinico Gemelli di Roma, riferisce che un
“tumore triplo negativo come quello di Maria puo’ avere una
caratteristica di spread metastatico sin dalla fase iniziale”.
Davide Conte, oncologo del Regina Apostolorum di Albano Laziale,
dichiara di non poter stabilire se “le metastasi ci fossero sin
da aprile, come sostenuto da Masetti”.
I consulenti di parte civile dicono l’opposto. Tra questi le
dottoresse Francesca Catalano (primaria di Senologia del
Cannizzaro di Catania, Nerina Pagano e Adriana Bonifacino che sin
dall’ecografia del 2 aprile ravvede “un’immagine sospetta che
necessitava approfondimento diagnostico cito/isto-logico” e
segnala “un utilizzo del color power doppler con frequenza non
corretta” nella ecografie fatte in aprile. E Francesco Ammaturo
che e’ sicuro che “una diagnosi piu’ tempestiva avrebbe permesso
a Maria una differente proposizione terapeutica”. Posizioni non
ancorate a dati scientifici secondo la sentenza. “E’ necessario
accertare- si legge infatti nelle motivazioni- se il
comportamento omesso- in questo caso la diagnosi del carcinoma-
avrebbe impedito o ritardato il verificarsi dello stesso o la sua
lesivita’”, e ancora “non e’ accertato in quale stato esattamente
si trovasse il tumore di Maria al momento dell’omessa diagnosi”.
“Dunque per l’omessa diagnosi non e’ prevista alcuna pena? Non
esiste forse un diritto ad avere una giusta diagnosi?” si domanda
il padre di Maria, Paolo, raggiunto dalla Dire per commentare la
sentenza. “Vuol dire che i medici sono maghi e possono stabilire
che Maria sarebbe morta lo stesso anche se ad aprile le avessero
diagnosticato il cancro che aveva? Dunque un medico che sbaglia
una diagnosi per ben due volte non paga per il suo errore perche’
tanto Maria sarebbe morta lo stesso? Sarebbe come dire che se
domani con la nostra macchina travolgessimo una persona non
saremmo puniti se dovesse risultare che il malcapitato era un
malato di cancro?”.
Maria e’ purtroppo una donna da ricordare che non avremmo mai
voluto in questa rubrica. Troppo giovane, tutta in decollo la sua
vita “di talento, musicista, studentessa modello, ingegnere
elettronico e con la passione per le auto da corsa”. Oggi riposa
nel cimitero di Acireale. I suoi genitori non faranno in tempo a
presentare appello perche’ il processo e’ durato sette anni e la
prescrizione ora e’ alle porte.

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