I film di Cinque: Recensione di Martin Eden di Pietro Marcello

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Un regista coraggioso alla sua prima esperienza con un lungometraggio di due ore in cui c’è tutto: politica, lotte sindacali, filosofia, passione per la scrittura come mezzo per liberare l’anima, , amore fraterno e amore con la A maiuscola, amicizia e solidarietà, ipocrisia e classismo.

Un Film che racconta un secolo intero capace di trasportare il sogno americano secondo cui a tutti è data la possibilità di emergere, basta volerlo intensamente, in una nazione in cui questo non è vero , attraversando il secolo presente attraverso un mix di scene recitate ed immagini di repertorio. Televisori da boom economico e abiti da primi Novecento, mercati e balere, una Napoli senza tempo con i suoi vicoli e i suoi popolani, truppe fasciste e emigrati sulla spiaggia, il tutto fa da sfondo alla storia che Jack London, convinto socialista, inventò tra il 1908 ed il 1909. Il libro è un attacco all’individualismo inteso come basato su convinzioni individualiste di stampo nietzschiano ed è anche un attacco al capitalismo imperante in America che aveva ridotto alla fame miglia di persone.

Martin Eden narra la storia di un portuale che salva da una rissa un giovane borghese. Questo lo invita a casa sua dove conosce sua sorella, Ruth, se ne innamora e attraverso lei viene educato allo studio e alla lettura, convinto che questo sia il modo per poter abbattere le barriere tra lui e la famiglia di lei. Non avendo soldi e non potendo quindi avere una istruzione scolastica inizia da autodidatta (come era stato Jack London) diventa uno scrittore e un intellettuale passando attraverso mille difficoltà, solo contro tutti quelli che continuano a dirgli di andare a lavorare, e mantiene così la sua individualità e le sue idee ma perde l’anima. Quando arriva il successo non riesce a capire perché chi prima lo disprezzava, senza che lui sia cambiato di una virgola, ora lo idolatri e questo lo farà impazzire di rabbia. Rabbia prima e rabbia dopo, la prima costruttiva la seconda distruttiva.

Il film è dominato da questa figura di sognatore che ogni tanto torna ai suoi sogni ma che non si accorge quanto la lotta che porta avanti lo faccia diventare sempre più solo. L’aggressività nata sulle navi torna sempre a galla e gli occhi della madre di Ruth quando lo osserva mangiare sono un capolavoro. Anche la scena in cui, sfidato da un giovanotto della loro cerchia a mettere la mano su una candela, vinta da Martin che tiene la mano per il tempo di declamare una sua poesia, sono tutti segnali di ricerca di una rivincita che non ci sarà mai. Non lo ammetteranno nel loro mondo, lui ha un abito grigio scuro, polvere, mentre loro sono tutti vestiti di bianco.

I suoi occhi pieni di disprezzo, i suoi atteggiamenti provocatori, la droga ed il rifiuto anche della donna che amava che ora torna a lui lo portano a quella morte che mette fine ad una vita di rabbia. Inizia sul mare e finisce nel mare.

Un regista sicuramente coraggioso che costruisce la storia dominandola con una tecnica cinematografica sicura anche nell’uso delle canzoni di epoche e stili diversi chiuse da “Voglia ‘e turnà” cantata da Teresa de Sio , l’incastro di filmati d’epoca, l’animazione del veliero che affonda.

Un attore magnetico, Luca Marinelli, vincitore a Venezia, che rende il personaggio indimenticabile.

In sostanza un film sicuramente da vedere.

 

Anna Maria Felici

 

 

Regista

Pietro Marcello

Attori

Luca Marinelli, Jessica Cressy, Vincenzo Nemolato, Marco Leonardi, Carlo Cecchi, Denise Sardisco, Carmen Pommella, Autilia Ranieri, Lana Vlady, Chiara Francini, Aniello Arena, Rinat Khismatouline, Pietro Ragusa

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