Vitalina Varela, Pedro Costa presenta a Locarno i tormenti di una donna nell’ombra dell’immigrazione

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 Vitalina Varela  è l’altro film portoghese che vede protagonista la comunità di Capo Verde immigrata in Portogallo , ma rispetto all’altro che abbiamo citato « La fim du mondo » il regista Pedro Costa non rappresenta una comunità ma la disperazione di una umanità relegata in costruzioni abbandonate e fatiscenti dove Vitalina, interpretata con intensità partecipata dalla omonima Vitalina Varela, arriva da CapoVerde dopo la morte del marito che non vede da anni, e il cui funerale è rappresentato da un triste corteo nella notte che si snoda lungo il muro del cimitero. Ed è il buio degli ambienti, l’ombra degli interni che  colora il film che riacquista un breve spazio di luce sul finale.

Ed con le figure dei compagni di lavoro e degli emarginati che popolano come ombre quel luogo abbandonato, che Vitalina si confronta per ricostruire la vita del suo uomo, con il quale si era illusa di costruire un vita nella sua isola con una casa degna di questo nome, ma che si convince, man mano che le testimonianze si dipanano, che lui l’ha tradita, l’ha abbandonata ed è fuggito verso una vita di fatiche e stenti.  Alla ricerca di quel benessere che un testimone elenca puntigliosamente (elettrodomestici, aggeggi elettronici, vestiario, benessere) che sono poi gli specchietti delle allodole per tanti migranti che guardano al sogno del consumismo occidentale di cui vivranno, forse, le briciole ogli scarti.

Vitalina, che la casa a Capoverde la costruita anche con il suo sudore, non si capacita della scelta del marito e tutto sommato non lo perdona anche se accoglie in quel tugurio amici e conterranei, tentando di mettere ordine, di riorganizzare la sua vita in quella  spelonca oscura ben lontana dalla sua vera casa  fra le montagne e l’aria salubre.

Sino a quando incontra il prete ormai in preda al tremito, che ha perduto la fede e pure invoca il volto di Gesù in tanta disperazione e che si   nasconde a questi dannati della Terra. La chiesa è solo una baracca che nessuno  più n frequenta con iun parroco ridotto all’accattonaggio, prostrato dalla malattia. Eppure Vitalina gli chiede di celebrare messa anche solo per lei, mette ordine a quella che era la casa del Signore, conforta il parroco che  ha conosciuto il marito, ne ha visto l’agonia  e ha benedetto la sua sepoltura al camposanto. al camposanto .

Nell’ultima parte del film  intreccia così un flebile rapporto di speranza fra lei ed il prete nell’ombra ombra non illuminata dal volto radioso di Cristo, sino alla scena finale illuminata dal sole, al cimitero dove i due si tendono la mano e si avviano verso un destino ormai segnato.

In conferenza stampa il regista Pedro Costa ha spiegato che il film è stato costruito sul personaggio di Vitalina  in un rapporto dialettico e continuo con lei, quasi come un abito cucitogli addosso, ma rimaniamo convinti che per la densità dei temi trattati e la tecnica del gioco di ombre, i primi piani della protagonista principale, lo scavo dei volti dei numerosi personaggi, neri come l’ombra di tutto il film, sia anche frutto di una rigorosa scelta intellettuale e artistica che non lascia spazio alla improvvisazione.

Giuliano Longo

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