L’Adapta di Morabito si aggiudica al massimo ribasso il “lavanolo” di 264mila abiti da lavoro per Ama

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È noto che Ama con i suoi quasi 8.000 dipendenti sia un colosso che muove milioni sulla scorta di un contratto di servizio con il Comune che pagano i contribuenti prevalentemente con la Tari.

È noto anche che in questo momento fra gli altri gravi problemi di una società pubblica in difficoltà, manca una governance dopo il dimissionamento dell’amministratore delegato Bagnacani voluto dalla sindaca Raggi e dall’assessore al bilancio Lemmetti. Si rincorrono le voci sulla nomina del successore che pare non arriverà prima di un mese con una città che nei prossimi mesi rischia letteralmente di affogare nei rifiuti.

Eppure la vita del pachiderma pubblico scorre soprattutto quando si parla di bandi milionari. Fra questi val la pena di citare quello dell’ottobre 2017 riguardante la procedura aperta per l’affidamento del servizio di noleggio, lavaggio, manutenzione, fornitura e logistica del vestiario del per il personale Ama per un periodo di 48 mesi.

Un appalto originariamente di quasi 19 milioni di euro cui hanno partecipato le seguenti imprese:

Adapta S.p.A (gruppo Innova); il raggruppamento temporaneo di impresa Alsco Italia S.r.l. (mandataria), So.Ge.Si S.p.A. (mandante) e il raggruppamento temporaneo di impresa Servizi Italia S.p.A. (mandataria) Ekolav S.r.l. (mandante).

Il 13 febbraio 2018, veniva comunicato che i tre concorrenti avevano conseguito il medesimo punteggio tecnico di 70/70, ma il 23 febbraio diveniva decisiva l’offerta economica di Adapta con soli 11 milioni contro quella di SERVIZI ITALIA EKOLAV quasi 13 milioni e quella del raggruppamento temporaneo di impresa ALSCO – SOGESI che superava di poco i 14 milioni.

Quest’ultima che era peraltro già destinataria del precedente appalto, ricorreva al Tar per l’annullamento della detta gara di appalto contestando i criteri di aggiudicazione della stazione appaltante in materia di offerta economicamente più vantaggiosa; la mancanza della documentazione attestante le analisi finali sui tessuti forniti da Adapta, nonchè il ritardo nella consegna della campionatura dei tessuti alla Commissione di Collaudo e soprattutto denunciava di non aver ottenuto l’accesso agli atti nonchè la presa in visione della campionatura di Adapta.

La novità di questi giorni è che il Tar ha respinto il ricorso di Alsco Sogesi anche se, indipendentemente dall’eventuale ricorso al Consiglio di Stato, Adapta comincerà comunque a fornire oltre 264.000 indumenti per gli operatori addetti al servizio di raccolta rifiuti. Una situazione che si dovrebbe sbloccare a breve anche perchè AMA ha già acconsentito a che la società ADAPTA, senza aver sottoscritto neppure il relativo contratto di appalto, dal 5 marzo scorso ha iniziato a prendere le taglie dei vari operatori.

Insomma un bell’appaltone per la società di Pomezia che si va affacciando prepotentemente in Regione nel settore milionario del “lavanolo”.

Recentemente Adapta, il cui patron è il potente Ferdinando Morabito, si è anche aggiudicata tre lotti della gara di oltre 133 milioni della Regione per il noleggio e lavaggio di tutta la biancheria, sia per i letti che per le divise, che viene impiegata nella sanità del Lazio con un ribasso del 49%.

Abiti da lavoro e biancheria sanitaria sono un settore che muove centinaia di milioni e nel quale operano colossi emiliani quali Coopservice, CNS e quella che sino all’anno scorso era Manutencoop, oggi Rekeep, dopo lo strappo della società cooperativa dello scorso anno dal sistema della Lega.

Con questo altro appalto per gli abiti da lavoro della municipalizzata capitolina il gruppo di Pomezia si afferma come dominus nel settore pubblico della nostra Regione.

Morabito, fu coinvolto in alcune presunte truffe alla Sanità fra gli anni 2006 e 2009, reati estinti per prescrizione nel 2016. Un incidente di percorso per un  gruppo che non si occupa solo di “lavanolo” ma fornisce cibi precotti a varie strutture pubbliche, tant’è che nel febbraio 2017 il tribunale del malato denunciò la situazione dei pasti ai pazienti di alcuni ospedali romani assolutamente insufficienti, gara anche questa probabilmente vinta al massimo ribasso.

In particolare la protesta per il San Camillo fece un certo scalpore mediatico tanto che con una interrogazione a Zingaretti l’allora vicepresidente del Consiglio Regionale Francesco Storace, chiese di revocare l’appalto alla Innova.

Il gioco del massimo ribasso finisce sempre per spiazzare la concorrenza e anche se i capitolati d’appalto sono molto dettagliati. Fra gli imprenditori concorrenti ci si chiede spesso come certi fornitori possano reggere costi talmente bassi da eliminare addirittura la possibilità di utili aziendali se non a scapito del servizio.

Mistero della fede nel codice degli appalti nel settore pubblico. Ma a qualcuno fra un ricorso e l’altro, sorge il dubbio se al massimo ribasso corrisponda anche il massimo di qualità del servizio.

Giuliano Longo

 

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