Festival o Festa, a Roma arriva il grande cinema

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Non è chiaro se sarà un Festival o una Festa, distinzione che pare sia importante, ma di certo i numeri dell’VIII edizione del Festival Internazionale del Film di Roma restano importanti: settantuno film nella selezione ufficiale di cui 20 italiani, 11 mediometraggi, 19 corti, 31 Paesi partecipanti da cinque continenti. La rassegna si svolgerà dall’8 al 17 novembre all’Auditorium Parco della Musica, ma coinvolgerà anche gli spazi del MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo e la sala principale del Cinema Barberini.

Il direttore Marco Muller ha parlato in fase di presentazione di un’edizione di transizione, per una rassegna che aspira a diventare “la Toronto europea”. Dodici le prime mondiali in concorso, a contendersi il “Marc’Aurelio d’oro”: “Another Me” di Isabel Coixet, “I Am Not Him” di Tayfun Pirselimoglu, “Gass” di Kiarash Asadizadeh, “Blue Sky Bones” di Jian Cui, “The Mole Song” di Takashi Miike, “Quod erat demonstrandum” di Andrei Gruzsniczki, “Seventh Code” di Kiyoshi Kurosawa, “Sorrow and Joy” di Nils Malmros, “The Invisible Life” di Vitor Gonçaves e i tre italiani in competizione, Take Five di Guido Lombardi, Tir di Alberto Fasulo e I corpi estranei di Mirko Locatelli. E ancora, per la selezione ufficiale, “Dallas Buyers Club” di Jean-Marc Vallée, “Sheep’s Clothing” di Paulo Morelli, “Her” di Spike Jonze, “Manto acuifero” di Michael Rowe, “Out of the Furnace” di Scott Cooper e “Cut Down Kite” di Diego Ayala.

Si arricchiscono anche le categorie: la novità è CinemaXXI, concorso parallelo e dedicato alle nuove correnti del cinema mondiale, mentre sono confermate le rassegne Prospettive Doc Italia, che fa il punto sulle tendenze attuali del documentario italiano, e Alice nella città, sezione autonoma di film per ragazzi.

Poche le star internazionali e i film veramente attesi, ma questo non esclude la possibilità di piacevoli sorprese. Lo stesso Muller, prima di dare il via al tormentone “festival/festa”, ha spiegato che in questo cartellone non esistono “linee tematiche” e che la sua composizione è originata da “schizofrenia addomesticata”. Quasi a voler giustificare una certa eterogeneità dell’offerta ha poi concluso: “Per mettersi in gioco completamente, è necessario potersi anche contraddire. Mettersi in gioco per meglio aprirsi”. Il rischio è una rassegna troppo d’autore immersa in un’atmosfera da sagra di paese.

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